Mooncler, giovane rapper di Benevento, arriva con “Malinquore”, il suo primo album ufficiale. Dodici tracce tra emozioni crude, introspezione e divertimento, nate “a malincuore” ma con totale spontaneità: dai pezzi da club a quelli più introspettivi, ogni brano racconta qualcosa di vero dell’artista. Tra collaborazioni con nomi affermati come Silent Bob e Speranza e giovani talenti emergenti come Yamba, Tamburo e Lil Manda, Mooncler unisce generazioni e stili diversi. Con un linguaggio diretto, a tratti volutamente “ignorante”, racconta Benevento, le sue esperienze e le sue emozioni, parlando di amicizia, amore e consapevolezza. “Malinquore” è il racconto sincero di un artista che non ha paura di mostrarsi per quello che è.
Partirei chiedendoti di definirmi Malinquore. Tu lo hai descritto come un progetto scritto “a malincuore”: ci racconti il significato del titolo e come riflette il contenuto dell’album?
Nasce da un’idea che ha moltissimi significati e collegamenti, soprattutto con quello che è il mio primo album. Il mio primo album in assoluto, realizzato in collaborazione con Rafilù, si chiama Malalengua. Il primo collegamento tra questo progetto e l’album è proprio questo. Come hai detto anche tu, ogni traccia è stata scritta “a malincuore”, ma in forme diverse: può esserci il pezzo d’amore scritto con malinconia, oppure il brano più ignorante, che però nasce sempre dallo stesso sentimento, dallo stesso malincuore. La Q nel titolo è stata scritta volutamente in modo errato: è una scelta voluta, che rappresenta quella sorta di ignoranza (passami il termine) tipica del nostro linguaggio, del mio e del nostro modo di parlare quotidiano.
So che hai iniziato giovanissimo con la musica, passando dal pianoforte al freestyle.
Ho iniziato a suonare il pianoforte perché mio padre era un grande appassionato. Con il passare degli anni, però, mi sono appassionato anche ad altre forme musicali: inizialmente alla musica leggera, e poi, verso gli 11-12 anni, ho scoperto il rap — e me ne sono innamorato subito. Da lì ho cominciato a scrivere e registrare i miei pezzi, fin da piccolo. Ho sempre pubblicato le mie canzoni, realizzato video e mi sono esibito un po’ ovunque, in tutte le situazioni possibili.
Ci sono artisti che ti hanno ispirato nel tuo percorso e nella creazione di questo album?
Sicuramente sì. Il primo nome che mi viene in mente è Mezzosangue: da piccolo lo ascoltavo spesso, quando andavo a scuola con le cuffiette e la rabbia addosso. Credo che in alcune tracce si sentano le influenze, magari nella voce più graffiata o nel modo di scrivere. Quindi sì, in Malinquore c’è anche un po’ della sua ispirazione.
L’album alterna pezzi da club a brani più introspettivi. Come hai scelto l’ordine delle canzoni e il mood generale?
La traccia a cui tengo di più è sicuramente quella di apertura, perché è quella che mi ha aperto molto a livello personale. Ho voluto che fosse la prima traccia proprio per questo motivo: è un brano diretto, che racconta tante sfaccettature di me, anche lati che magari le persone non vedono mai — come, ad esempio, alcuni amici miei più stretti. Mi sembrava il modo giusto per presentarmi davvero. Per quanto riguarda il flusso dell’album, ti dico la verità: non volevo creare un progetto con cinque pezzi tutti in un certo stile e poi cambiare completamente direzione. Volevo che fosse un disco omogeneo, con un equilibrio tra le tracce, senza troppi dislivelli. La tracklist è quindi frutto di gusto personale e di un lavoro molto ragionato.
Hai collaborato con artisti affermati come Silent Bob e Speranza, ma anche con nuove leve. Come scegli i collaboratori e come si sviluppa la chimica in studio?
Lavoriamo tutti nello stesso studio, e devo dire che il gruppo dei ragazzi di Caserta è stato il primo che, tra virgolette, mi ha accolto davvero in questo progetto, fin dal giorno zero. Sono stati loro a dirmi: “Vieni in studio, lavoriamo insieme, sei bravo”, e da lì è nato tutto. Collaborare con Speranza per me è sempre stato un sogno, perché lo rispetto tantissimo e l’ho sempre ascoltato. Quindi, oltre che un onore, è stato anche un gesto doveroso nei suoi confronti — bella per Speranza! Per quanto riguarda Silent Bob, l’ho conosciuto sempre tramite i ragazzi di Caserta. Ci siamo incrociati più volte, abbiamo fatto amicizia e si è creato un bel legame reciproco: lui ha sempre nutrito molto rispetto per la mia musica e per la persona che sono, e lo stesso vale per me nei suoi confronti. Per questo motivo, nel mio primo album, non volevamo mancare né lui né io: era giusto che ci fosse. Con Yamba, invece, è stato un incontro molto genuino: se non sbaglio, ci siamo scritti su Instagram e ci siamo beccati dopo pochi giorni a Roma. Abbiamo chiuso la traccia insieme, il pezzo mi convinceva davvero tanto — e alla fine ho deciso di tenere quella versione e cancellare tutto il resto del progetto iniziale.
Nei tuoi testi traspare molto del tuo legame con Benevento. Cosa vuoi far emergere della tua città attraverso la tua musica e quali aspetti ti senti di rappresentare?”
Partiamo dal presupposto che noi, come beneventani , abbiamo sempre visto la nostra città come un’arma a doppio taglio. Non lo dico per denigrarla, anzi — io ho voluto prendere questa cosa in una chiave più scherzosa. Nel senso che sì, abbiamo i nostri difetti, ma anche tante qualità. Nel disco cerco di mettere in luce entrambe le facce: da una parte le nostre mancanze, i nostri modi di fare magari un po’ ignoranti, ma dall’altra anche tutto il bello che c’è in questo. Per me, anche in quelle imperfezioni c’è autenticità e valore, e ho voluto dare lo stesso peso sia agli aspetti positivi che a quelli negativi.
La tua scrittura è diretta e molto spontanea. Come bilanci autenticità e tecnica nei testi?
Sì, è vero: il mio modo di scrivere è molto diretto, come ti dicevo a volte anche “ignorante”, ma sempre sincero. Il modo in cui bilancio autenticità e tecnica dipende molto dal tipo di brano che sto facendo, però il principio è sempre lo stesso: io racconto senza filtri, che si tratti di una canzone d’amore, di un pezzo per un amico o di qualunque altra cosa. Tengo molto a far sì che la mia musica rispecchi chi sono davvero nella vita reale, anche se — paradossalmente — il mio modo di rappare è l’opposto di come sono come persona: nella vita sono molto tranquillo, ma quando scrivo e rappo tiro fuori tutta la mia energia. In sostanza, io parlo come rap, e il rap è diventato il mio modo più naturale di esprimermi.
Hai aperto il Marrageddon a Napoli di Marracash. Che esperienza è stata?
Incredibile! Ti racconto un aneddoto: quando mi ha chiamato Radio Deejay per comunicarmelo, ero sotto la doccia e stavo per andare a fare un live davanti a 15 persone! Ho incrociato Marracash da lontano, aveva il suo team attorno, ma ho conosciuto gli altri ospiti e molti di loro hanno visto la mia performance. È stato pazzesco.
Come sta andando l’album? Hai già avuto dei riscontri?
I riscontri mi stanno rendendo molto contento. Io, sinceramente, non guardo tanto i numeri. Quello che mi fa davvero piacere sono i messaggi delle persone che si sono rispecchiate nella mia musica, che hanno capito il mio percorso e mi hanno scritto anche messaggi personali. Per me un messaggio del genere vale molto di più di mille stream. Con questo album, essendomi aperto molto e parlando di determinati temi, ho ricevuto tantissimi messaggi di questo tipo, e sono davvero felice del riscontro. Spero che il progetto continui a crescere e, ovviamente, ci saranno prossimi passi: nuovi pezzi, live e probabilmente anche un tour per portare la musica dal vivo.
Tra i brani di Malinquore, quale pensi potrebbe diventare la tua hit personale o che pensi possa emergere?
Penso che la traccia con Silent Bob sia la più potente, anche per lo spessore dell’artista. A livello funzionale e musicale è quella più adatta a raggiungere grandi numeri.
La produzione è stata curata principalmente da Frank, con due tracce di Sick Budd e Holy Court. Come hai lavorato con loro per dare vita al tuo suono?
Con Sick Budd, che è il produttore di Silent Bob, è nata un’amicizia vera. Ci stimiamo molto e probabilmente lavoreremo ancora insieme. Holy Court invece è un ragazzo della mia città: la nostra prima session ha prodotto una delle tracce a cui sono più legato. È giovane, talentuoso, e spero di pubblicare altra musica prodotta da lui.
Qual è il messaggio che vuoi lasciare a chi ascolta Malinquore?
Anche se nella vita ci sono esperienze che lasciano ferite, queste ferite ci saranno sempre e faranno male, sia nel momento in cui le riceviamo sia anche tra mille anni. L’importante, però, è mantenere sempre consapevolezza di queste ferite: non per restare bloccati o tornare indietro, ma per poter andare avanti.
