Dietro le quinte di “Brava Gente” con Adma

tempo di lettura: 6 minuti

Adma (classe 1992) è un produttore di Lissone che ha lavorato con numerosi con rapper di livello nazionale e ha contribuito in maniera significativa all’ultimo disco di Ensi e Nerone Brava Gente uscito da pochissimo e già dichiarato il Joint album del 2023. Abbiamo fatto due chiacchiere con lui e ci ha raccontato qualcosa sul dietro le quinte del suo lavoro e delle sue ultime collaborazioni.

Ciao Adma, è da poco uscito Brava gente, il disco che hai realizzato insieme ad Ensi e a Nerone: come ti senti a riguardo? Sei soddisfatto?
Ciao! Potrei solo dire che vada tutto molto bene in questo periodo. L’ultima grande soddisfazione è proprio stata Brava Gente, che non solo ho registrato, mixato e masterizzato nel mio studio, ma mi vede anche come produttore insieme a 2p di ”Six Pack” con featuring d’eccellenza come Nitro, Fabri Fibra, Jake la Furia e Gemitaiz.

Da quanto era in cantiere questo progetto?
Da qualche mese. I ragazzi sono stati molto bravi nella scelta dei beat e sono andati quasi sempre a colpo sicuro nelle registrazioni. È uscito tutto in modo molto spontaneo e rapido. Chiaro che tra i ragazzi ci sia una enorme alchimia artistica, nonostante stilisticamente siano due rapper diversi.

Nel disco c’è anche la presenza del tuo fidato socio 2P con il quale hai avuto modo di collaborare in tante occasioni, come è nato questo legame artistico e che tipo di rapporto avete ?
Io e 2p sono più di 6 anni che ci conosciamo e che collaboriamo quasi tutti i giorni per i progetti di uno e dell’altro. Siamo entrambi di Lissone, e dopo esserci incontrati di persona lui ha scoperto che avevo appena aperto il mio studio, a una manciata di chilometri dalla sua casa di quel tempo e da quel momento non abbiamo mai smesso di fare musica insieme. Per me Andrea è come un fratello maggiore. Mi ha aiutato a forgiare il mio carattere e a farmi trovare pronto per affrontare il salto che ho fatto, entrando nel mondo dei grandi della musica. Quei grandi che, come anche me ora, vivono e si mantengono di musica. 

Mentre invece con Ensi come ti trovi? La figura dell’mc è molto diversa, quali sono le dinamiche con lui? Arrivate subito al dunque o è capitato che qualche volta abbiate cambiato i piani per giungere alle tracce definitive?
Con Jari il rapporto è molto bello. Io lo stimo moltissimo, sia come persona che come artista e anche lui è un esempio e una ispirazione. È stato il primo rapper italiano che abbia visto in concerto, nel 2010, dopo un anno in cui avevo letteralmente consumato il suo disco Vendetta. Passa in studio molto tempo a lavorare ai suoi brani ed arriva sempre già molto preparato ed è un perfezionista, quindi si prende il suo tempo per modificare i suoi testi prima di dichiararli chiusi. In studio con lui non mi è mai capitato di dover totalmente invertire rotta su un brano.

Come viene decisa la struttura del progetto?
Principalmente è il rapper che lo decide. Ovviamente anche noi produttori, che solitamente abbiamo una visione più ampia della musica, diamo il nostro contributo, ma è principalmente la visione dell’artista la variabile che struttura il disco e che ne decide la forma.

La tracklist ha un ordine ben preciso che è deciso all’inizio del progetto o le canzoni vengono numerate secondo altri criteri?
Non ho mai lavorato a un disco nel quale la tracklist fosse decisa dall’inizio. Solitamente si ha un idea di che sonorità avrà il disco in base al concept e quindi si prova a creare i pezzi, solitamente molti di più di quelli che effettivamente poi verranno inseriti e poi si fa la scrematura finale e vengono decisi i pezzi definitivi. A quel punto, si decide attentamente l’ordine dei pezzi. Il disco deve essere dinamico. I primi pezzi, dove l’ascoltatore è più attento devono essere i più a fuoco, ma è molto comune che un pezzo di punta, magari con un featuring grosso, venga lasciato più avanti nel disco, per portarti ad ascoltare anche gli ultimi brani con curiosità.

Qual è il pezzo che hai prodotto al quale sei più legato?
“Mezza Siga” senza alcun dubbio. Non mi aveva convinto molto il beat quando io e 2p l’abbiamo prodotto. Ma quando abbiamo sentito le strofe di Nerone si intuiva che sarebbe potuta diventare una hit. In tantissime occasioni è capitato che fan in lacrime venissero a ringraziarci dopo un live o per strada, per ringraziarci di aver fatto quel pezzo. Ho visto storie di gente tatuarsi la strofa. Una emozione incredibile.

Sei nella scena da tanti anni, sei amico di molti artisti veterani che fanno rap, come è stato vedere l’evoluzione che ha coinvolto un genere musicale come questo (che esisteva già da tanti anni) fino ad arrivare alle sonorità più attuali della trap?
Io sono il fan numero uno dell’evoluzione. Solo grazie all’evoluzione le cose restano nel tempo e la musica non è da meno, anzi. Le grandi evoluzioni musicali, così come le rivoluzioni umane, sono atti violenti e implacabili e il 2016 è stata una vera e propria rivoluzione del rap italiano. Una svolta radicale per artisti e ascoltatori. Quando ho notato quello che stava accadendo ero felicissimo e curioso. Un po’ perché l’ascoltatore del rap italiano sentiva il bisogno di qualcosa di veramente nuovo in cui rispecchiarsi, e un po’ perché questo sound, molto più elettronico, era molto più in linea con il mio sound e il mio background, essendo un fan sfegatato di musica elettronica da quando ero molto piccolo, quindi non potevo che finire immerso in questa ondata di trap, volenteroso di poter dire la mia.

Ti senti in linea con questa evoluzione o sei rimasto fedele agli schemi della vecchia scuola?
Come detto prima mi sento molto in linea con questo sound nuovo ma molto spesso faccio ancora produzioni che mantengono un sound e una ritmica più classic. Si può tranquillamente essere freschi anche riprendendo sonorità della vecchia scuola. “Madreperla” di Guè è un esempio lampante di ciò che ho detto.

C’è qualche artista della nuova wave con il quale ti senti in  linea per una futura collaborazione?
Ci sono molti artisti validissimi tra i giovani, ultimamente sento dei progetti molto interessanti. Ad esempio mi piacerebbe collaborare con Nerissima Serpe, Olly, Kid Yugi, Not Good, Diss Gacha, Cicco Sanchez e Elea, mentre tra i giovani già affermati i primi che mi vengono in mente con cui sognerei di fare una sessione di studio con Madame, Anna, Geolier e  Paky.

Quando ti sei approcciato per la prima volta al mondo del beatmaking?
Attorno ai 5 anni i miei genitori mi regalarono una tastiera per imparare a suonare, ma si capiva subito che non volessi solo suonare le canzoni degli altri. Mi piaceva cercare melodie pazze e ricordo molto bene che questa tastiera aveva delle demo di canzoni storiche per allenarsi, e io ci suonavo sempre sopra tutt’altro. Un anno più tardi ho iniziato le lezioni di piano con un insegnante, che ringrazierò per sempre per avermi insegnato la tecnica, ma che purtroppo volendomi insegnare il metodo classico mi ha annoiato talmente tanto da farmi pensare che non mi piacesse veramente suonare e abbandonai il pianoforte. Quando ho iniziato il liceo decisi di scaricare il mio primo software dopo aver scoperto di poter produrre musica con il PC. Ho iniziato a creare le mie prime bozze di musica elettronica, mentre quando il mio migliore amico iniziò a rappare, ho voluto imparare a fare i beat per poterlo produrre e da lì è iniziato il mio viaggio nella musica. Dai primi anni a fare i Mixtape in cantina e organizzare live nella zona di Monza insieme alla mia crew per autopromuoverci, fino ad aprire il mio studio e fare quello che faccio oggi. Non mi sembra vero ma alla fine dei conti mi sono fatto più di 10 anni di gavetta prima di avere le prime grandi soddisfazioni.

Come sono cambiati gli strumenti nel corso del tempo? Quali programmi si potevano usare  per campionare i beat all’inizio?
Io ho iniziato a produrre musica che già ci si era spostati dai campionatori e sequencer hardware al produrre in maniera totalmente su PC. Io sono molto appassionato di sintetizzatori e attrezzature vintage, quindi ho avuto nel tempo parecchi strumenti molto più vecchi di me ma era solo una scelta di gusto e non di necessità. Il passaggio tra quegli strumenti e produrre musica coi software odierni è stato il grande cambiamento degli ultimi decenni. Da anni si sono solamente evoluti i programmi, sono usciti nuovi Plug-in e nuovi controllers.

Ti ricordi quando è stata la prima volta che Nerone ti ha chiesto di mandargli un provino per un beat?
Me lo ricordo molto bene, ed è stata una figuraccia. La prima volta che lui venne in studio ero li con il mio migliore amico citato prima, “A-Kurt” e ci chiese un beat che avevamo fatto io e lui, ci scrisse sopra, ma il beat era effettivamente non all’altezza e il pezzo non uscì mai, ma alla fine dei conti meglio così, è andato tutto bene negli anni a venire.

Ora che inizia l’estate ci sono in programma molti festival: hai in calendario qualche data interessante per la quale hai delle aspettative particolari?
La data che non vedevo l’ora di fare è già passata, ed è stata il 1 Giugno a Nerviano, al Big Bang Festival con Essi e Nerone. Era un live particolare perché eravamo consapevoli che avremmo suonato a ridosso della mezzanotte, momento nel quale sarebbe uscito il disco. Sapevo che sarebbe stata una data matta, e così è stato. Verso la fine dello show è scattata la mezzanotte e abbiamo aperto due bottiglie sul palco e la gente ha festeggiato con noi. È stato molto emozionante. E credo che fosse la prima volta che dei rapper italiani suonavano live un disco intero prima dell’uscita.

Previous Story

Nesli: «do voce alle emozioni e questo non cambierà mai»

Next Story

Slam: un festival itinerante dedicato al rap italiano