Dopo aver pubblicato nel 2019 Lupo di Hokkaido Ep, nel 2020 la raccolta di brani rivisitati La Maggior Parte e infine dopo l’apprezzatissimo joint album Infernvm con Murubutu, Daycol Orsini, in arte Claver Gold, è tornato l’anno scorso con Questo non è un cane, un album caratterizzato dall’inconfondibile scrittura personale che lo contraddistingue e che musicalmente spazia dalle classiche sonorità hip hop fino a delle sinfonie jazz e blues. L’intero progetto è prodotto da Gianflores, il producer emiliano con cui ha già collaborato svariate volte nei suoi precedenti album e che lo sta accompagnando in qualità di tastierista in tutte le date del suo fortunatissimo tour.
In questo disco a differenza del tuo precedente ultimo progetto solista curato da Kintsugi e caratterizzato da strumentali dai suoni orientali, i beats variano da suoni più classic hip hop a basi con sonorità jazz/blues, tutto ciò mantenendo sempre però una scrittura personale nei testi, che alla fine resta il tuo marchio di fabbrica e che ti ha portato ad essere apprezzato anche dai non aficionados del genere. Quanto è stata importante per te questo nuovo orientamento musicale e a cosa è dovuta invece la scelta di Gianflores come intero produttore dell’album?
Abbiamo iniziato a trovare la quadra del lavoro lavorando insieme al rifacimento di alcune delle mie tracce più importanti come “Mr Nessuno” e “Soffio di Lucidità”, che abbiamo poi inserito nella Maggior Parte. Da quel momento in poi abbiamo visto che ci trovavamo bene e abbiamo pensato di iniziare questo nuovo progetto.
Le sonorità vengono dagli ascolti che uno fa durante il periodo di creazione o comunque durante il periodo di gestazione del disco. Credo che ci sia un evoluzione nel percorso di ogni artista quindi questa è semplicemente la nostra evoluzione.
Questo ultimo disco poi, a differenza dei precedenti, è distribuito da Woodworm oltre che uscire sotto Glory Hole Records. Questa scelta che hai fatto ha soddisfatto quel che volevi per questo disco e pensi abbia poi ripagato?
Con i ragazzi di Woodworm abbiamo iniziato adesso, è una collaborazione appena nata e ci stiamo muovendo nella direzione giusta e spero che questa intesa potrà portare benefici ad entrambi, per ora sono molto contento di come stanno andando le cose.
A differenza di album come Requiem o Patate e Cipolle nella copertina del disco c’è un’opera d’arte, come è successo poi per gli album Tarassaco, Mr Nessuno, Melograno e Lupo di Hokkaido. Sei soddisfatto della scelta fatta e pensi possa essere un plus per l’ascoltatore che non ti conosce e si accinge a scoprirti e a comprendere il concept dell’album?
Secondo me ovviamente una cosa molto da rapper è quella di inserire la propria faccia e la propria immagine per farsi vedere nelle copertine, però questo a mio avviso non caratterizza il disco, soprattutto quando è un concept album e nel mio caso preferisco che siano sempre le immagini a parlare piuttosto che la persona o il personaggio di turno.
Credo che nel mio percorso, come è già stato fatto in Melograno, Mr Nessuno e in questo ultimo disco, si continuerà a dare spazio a delle opere nella copertina.
Da Dj West a Mr Gaz, da Mr Gaz alla formazione Mr Gaz/Gianflores: come ti sei trovato e che rapporto hai con i colleghi con cui suoni live negli anni e cosa li differenzia tecnicamente l’uno dall’altro?
Volevamo creare qualcosa di diverso per questi live per non portare sempre la solita formazione dj e mc, però non volevamo nemmeno portare una band, o comunque non una band che non derivi prettamente dalla musica black o comunque dal rap. Noi vogliamo che quando qualcuno ci vede live, a livello estetico il primo impatto sia quello che fa dire alla gente: “questi fanno sicuro rap” anche agli occhi di un non udente del genere e questo è molto importante per noi.
Quindi avevamo questa idea con Gianflores che suonasse alcune parti dei beats (che tra l’altro son suoi) e in più portare le classiche batterie rap e tutto il resto spinte dal dj.
Il live tour sta registrando praticamente solo sold out, a dimostrazione di quanto il tuo disco sia arrivato a tantissime persone oltre che alla tua fanbase. Sei soddisfatto del posto che hai ora nella scena rap italiana e cosa diresti al te di Mr Nessuno?
Son contento di come stanno andando le cose perché il nostro obiettivo era appunto quello di riuscire ad allargare il nostro cerchio di appassionati e affezionati senza snaturarci e vedo che qualcosa si sta muovendo. Io sono soddisfatto di come stanno andando le cose e se dovessi incontrare il me di Mr Nessuno probabilmente gli direi “Va bene così, stai facendo la cosa giusta” perché le cose arrivano poi col tempo e se ci sono impegno e dedizione in ciò che si fa prima o poi si arriva da qualche parte.
In “Quelli come noi” dici appunto “guarda quanta strada ha fatto quel Mr Nessuno”: cosa è cambiato nella tua vita e nel tuo percorso artistico da quell’album ad oggi?
Nella mia vita è cambiato tanto, son passati tanti anni e io come persona son cresciuto, anche a livello umano ed economico, praticamente è cambiato tutto da quando ho realizzato Mr Nessuno. Mi ricordo che dovevamo firmare con Universal per quel disco ma poi la cosa non è andata in porto, ma eravamo già sicuri di quel che volevamo fare e quindi avevamo deciso di intraprendere un tipo di strada che non sapevamo dove ci portasse, però sapevamo fosse la strada giusta.
“Da Soffio di lucidità” a “Quelli come noi”, come vivi il fatto di rappresentare quelli come te e di essere la voce di chi spesso voce non ne ha e non ne trova? E cosa pensi dell’arretratezza (anche vedendo la scarsità di fondi statali) che c è in Italia riguardo al tema della salute mentale?
Io non mi sento un rappresentante di una fazione di individui, ma penso che ci siano persone che si rivedono e si rispecchiano volentieri in quel che scrivo e a volte riescono a sentirsi meno soli, quindi già riuscire a fare compagnia e creare empatia con gli ascoltatori mi fa stare meglio e poi spero che ascoltando i brani stiano meglio anche loro.
Riguardo la salute mentale poi spero io possa dare una mano a chi magari sta passando un periodo difficile e a chi è un po’ giù o in difficoltà. Sicuramente è un tema molto delicato qui in Italia dove non ci sono fondi e aiuti e dove se vai dall’analista o dallo psichiatra sembri pazzo, dove la gente fa fatica ad ammettere di avere problemi o di avere paura, ma quel dico sempre è: “Non abbiate paura di avere paura, perché è normale averla”, quindi spero che si crei una coscienza collettiva che permetta alle persone di potersi sentire vulnerabili.
Hai raccontato di aver iniziato la stesura di questo ultimo album nel periodo della quarantena due anni fa, quindi è già passato diverso tempo dal concepimento. In questo momento stai già lavorando ad altro o sei totalmente concentrato sull’aspetto live? Come vivi la fase di scrittura dei tuoi testi e il timing del tuo flusso creativo
No, per ora ho solo alcuni brani che magari metterò in una deluxe di questo disco con un paio di featuring rap (visto che quasi non ce ne sono), però non ho ancora fatto nulla di nuovo anche perché io ho dei tempi molto dilatati a livello di scrittura.
Ho anche dei lunghi tempi di ricerca e creazione, di apprendimento e rielaborazione, perché anche se poi magari in un mese o due mi metto a scrivere tutto il disco, c’è tutta una fase iniziale che è quella di ricerca. Una fase che è molto lunga e devo essere comunque supportata anche dall’ispirazione. Io non ho mai creduto al fatto che questa benedetta ispirazione la si trovi naturalmente guardando fuori dalla finestra così come non credo all’ispirazione con relativo blocco dell’artista che non riesce più a scrivere.
Ho sempre pensato che in base agli interessi, alle ricerche e alla cultura si possa riuscire ad avere e a trovare temi interessanti per poter scrivere un album o un brano rap che sia.
Sì, anche perché curi in modo maniacale la scrittura, come ad esempio fa Kaos, e trovo che lo fai con una profondità, una ricercatezza nei testi e con un processo creativo che accosterei appunto al suo…
Grazie, spero di riuscire a fare qualcosa insieme a lui nel futuro.
Oltre all’uscita dei formati fisici di Questo non è un cane vorrei ricordare ai lettori che è disponibile sul sito di costaklan.it il primo numero della collana Old but Gold, una serie di ristampe dei tuoi progetti passati rilegate in un cofanetto cartaceo: a quale fra questi cinque progetti sei più legato?
Ce ne sono due o tre a cui sono un po’ più legato, tra questi per esempio ho dei bellissimi ricordi di Claver Gold è uscito dal gruppo perché ancora ricordo benissimo il periodo di Bologna in cui l’ho scritto. Poi sono altrettanto legato a Sensei Ep con Dj West, ma se devo dirti la verità in generale non c’è uno più importante degli altri, ognuno di loro ha una propria storia.
Dal quartiere di Tofare di Ascoli Piceno alla provincia di San Benedetto del Tronto passando per Bologna: come hanno influito i posti in cui hai vissuto nella stesura dei tuoi album, e in particolare il luogo in cui vivi attualmente sul tuo ultimo disco?
In generale hanno sempre influito i posti in cui ho vissuto: come dicevo prima la ricerca è fatta di immagini, di persone e di luoghi, quindi dove vivi, ciò che fai e le persone che frequenti rispecchiano poi inevitabilmente il tuo modo di scrivere. Il quartiere di Tofare ha influito nello sviluppo di Claver Gold e nel modo di vederlo, dandomi la rabbia e la voglia di uscir fuori, però dopo anni mi ha dato anche l’infinita consapevolezza della genuinità di alcuni luoghi.
Bologna mi ha insegnato milioni di cose; a parte le tecniche di rap, mi ha insegnato davvero come stare al mondo e come stare in mezzo alle persone, a non aver paura di sentirmi solo, quindi ogni luogo è parte di me e parte della mia storia. Ora vivo a San Benedetto del Tronto e mi trovo molto bene perché è piccolina, a misura d’uomo, c’è il mare e, nonostante culturalmente sia un pochino arretrata, per il resto si sta molto bene, si respira una bella aria e ci sono belle persone.
Sei uno dei pochi marchigiani noti nel rap italiano, pensi di rappresentare e descrivere a pieno la tua terra e la tua regione nella tua musica? Come è La scena nelle Marche? Hai qualche nome da consigliarci?
Non so se riesco a rappresentare a pieno il modo di vivere le Marche o delle persone marchigiane perché comunque ci sono tantissime differenze fra singole città, però sicuramente riesco a raccontare un modo di vivere la provincia per cui molte persone si rispecchiano all’interno dei testi. C’è sempre stato un grande movimento nelle Marche: mi ricordo che quando ero ragazzino andavo alla prime jam ad Ancona, ed oggi ci sono un sacco di ragazzi che fanno freestyle e che fanno il rap e spero che arrivino nuovi “mostri”: ad esempio c’è un ragazzo di Pesaro, Fill Koi, che secondo me ha buone potenzialità e ha iniziato da poco a lavorare con Gianflores, speriamo di poter rifare qualcosa di buono.