“Mad Beast” è il nuovo progetto di Wego FTS

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Abbiamo contattato via e-mail Wego FTS in occasione dell’uscita del suo ultimo album Mad Beast, un progetto molto particolare che raccoglie una serie di remix di brani di Jangy Leeon – prodotti da altri beatmaker – riarrangiati e strutturati come un disco nuovo vero e proprio. Wego si è dimostrato anche in questa occasione un beatmaker di livello internazionale, capace di suonare d’impatto e originale. Ne è uscito fuori uno scambio molto interessante per capire al meglio il suo approccio alla musica.

La domanda è banale ma doverosa: com’è nata l’idea di fare un album di remix?
È iniziato tutto da un remix che dovevo fare per Leeon, però ne sono usciti due, uno è finito su Soundcloud [ https://soundcloud.com/goldleavesacademy/jangy-leeon-di-troppo-wego-fts-remix ] e il secondo si può trovare nel disco. Da lì in poi, nel periodo successivo, ogni tot Jangy mi mandava delle accappella e io le remixavo secondo il mio gusto senza mai ascoltare l’originale, per non essere influenzato in alcun modo. Ogni volta il risultato finale ci piaceva, per cui siamo andati avanti fino a trovarci in mano Mad Beast senza quasi accorgercene.

Come si è sviluppato il progetto man mano nel tempo? Il disco è frutto di incontri con Jangy Leeon o hai lavorato in studio da solo?
Lui mi mandava quello che voleva e io ci lavoravo come volevo senza incontrarci mai: ci conosciamo da una vita per cui non c’è mai stato bisogno di dirci niente, a parte “frate, è uscita ‘na bomba, senti”. L’unica traccia su cui ho precisamente voluto mettere mano è stata una traccia che comprendesse tutta la crew: mi ha spedito Dirty Game, precedentemente prodotta magistralmente da Weirdo, per cui ho dovuto dare il meglio che potevo: spero che piaccia il risultato, a me piace di brutto.

La cosa che mi ha maggiormente colpito – e spesso nei remix non succede – è il perfetto amalgama tra beat e rap. Hai lavorato molto sui dettagli e le sfumature dei brani?
Sì, il diavolo sta nei dettagli e io mi diverto proprio a giocare con i suoni, reverse, svuoti (ossia quando tolgo una parte del beat o addirittura tutto il beat in determinati momenti della canzone), campioni di voce, creazione di melodie, aggiunta di suoni ai campioni, cambi di ritmica o qualsiasi cosa che possa rendere una canzone bella da ascoltare in quanto in grado di spiazzare l’ascoltatore. Fare beat è scienza matematica, mi ci sbatto all’infinito, fino a farmi scoppiare il cervello, cercando sempre di essere il più originale possibile: trovare il sample perfetto che choppi e gira non è così semplice e ora con questa moda dei beat no drums penso che certi personaggi che si definiscono producer stiano un po’ esagerando nel tagliare un campione e dire ho fatto il beat. Non funziona così, a parere mio. Sono lieto che tu abbia colto la mia intenzione di amalgamare suoni e voci, seppure con Leeon lavoro in discesa, in quanto facciamo pezzi da più di 10 anni e so cosa voglio ottenere prima ancora che scriva ormai, ma farei la stessa cosa con chiunque. Penso che il producer sia un vero e proprio sarto per il rapper, una specie di direttore d’orchestra, che debba accompagnare chi canta a dare il meglio dall’inizio alla fine del brano, per cui cerco di evitare di fare un loop e considerare il beat chiuso, ma lo costruisco già con intro, strofa, bridge, eventuale hook e outro, poi quando ho le voci ci rilavoro e aggiungo o tolgo a seconda delle situazioni.

Anche gli inediti suonano parecchio bene. Tu e Jangy fate parte della stessa crew: Mad Soul Legacy. Secondo te è importante che tra un rapper e un produttore ci sia un’intesa e un approccio che va al di là della musica?
Di sicuro una buona intesa tra le due parti può aiutare, ma non credo sia fondamentale per ottenere un buon risultato. Io ho la fortuna di amare la musica a 360°, non ho manco la TV da quasi 15 anni, per cui la ascolto tutto il giorno e ascolto tutti i generi, e questo tipo di amore mi porta a cercare di interpretare al meglio quello che un artista vuole trasmettere, mi immedesimo involontariamente, è uno studio continuo e questo mi porta a poter dare il meglio anche per persone che non conosco.

Qual è il tuo modus operandi in fase produttiva? Parti da un sample, piuttosto che da una ritmica o da qualche accordo?
Non ho alcun modus operandi. Il mio metodo è completamente aschematico. Penso che incatenarsi a una singola maniera di approccio alla musica sia controproducente per quanto riguarda l’originalità delle creazioni. A volte compongo una melodia, a volte taglio un campione, mi è capitato anche di registrare suoni di film e partire da lì, solo perché avevano colto la mia attenzione, per cui mi lascio trascinare cercando di non fare quello che ho fatto la volta prima. Poi chiaramente c’è il mio gusto che influisce, per cui ovviamente c’è un richiamo tra un beat e l’altro. Però l’ottica è tendenzialmente quella che ho spiegato.

Da quanto tempo produci musica? So che il tuo background è piuttosto vario, qual è stata la scintilla che ti ha fatto diventare un beatmaker?
Produco da un sacco di tempo, da quasi 20 anni, ho iniziato suonando la chitarra a 11/12 anni , poi mi frustrava il fatto di non riuscire mai a dar vita a un progetto concreto con altri musicisti, e ho comprato delle drum machine intorno ai 17/18 anni. Ai rave vedevo tavoli enormi pieni di macchine che si illuminavano e facevano suoni assurdi su questi sound immensi e mi son messo a studiare come funzionavano quegli strumenti. Non esistevano tutorial o simili, dovevi sbatterci la testa miliardi di ore, poi mi son comprato un sound con uno della mia crew FTS e abbiam passato un buon periodo a girare l’Europa tra festival illegali, perché ci attirava di più delle scena italiana: penso che suonare al Boom Off in Portogallo su un sound di 50 Kw  (credo fosse dei Bordelique) sia stato uno dei momenti più epici della mia vita. A ogni modo ho sempre ascoltato rap per cui tra una track techno o elettronica ogni tanto ci piazzavo un beat scrauso con le drum, poi dopo il liceo ho fatto dei corsi per diventare tecnico del suono, a quel punto a 20 anni ho iniziato a fare i primi beat – anche quelli molto sperimentali, diciamo – con un po’ più di senso e poi avanti all’infinito.

Chi sono i produttori – o anche musicisti di altri generi – che ti hanno ispirato di più nel corso degli anni?
Qua mi metti in crisi, potrei scrivere poemi su questa roba: sto ascoltando i Limp Bizkit (che amo) mentre ti sto rispondendo e credo che un gruppo come i Rage Against The Machine non esisterà mai più (per rimanere nell’ambito crossover, diciamo) per cui loro sono fondamentali (i Rage, intendo) e non so se sia la voce di Zack de la Rocha o i riff di Morello ma loro per me sono/erano oro.  Nell’ambito del rap io ho dei capisaldi (come producer intendo.. perché il king dei rapper è e sarà per sempre B.I.G.), ossia Timbaland, Alchemist e Pharrel al momento sono quelli che mi saltano in mente, però ce ne sono davvero tanti che rispetto e ascolto con attenzione, tipo Kanye West faceva dei beat devastanti nei ’90/2000, ora Daringer la caccia grossa ogni tanto (scuola Alch), ci sono anche dei producer trap fortissimi in Italia, Francia e Inghilterra, senza dover andare per forza in USA. Comunque, se vogliamo andare alle origini, non posso non citare Quincy Jones che, al di là di “Thriller”, ha lavorato con Ray Charles, Sinatra, Miles Davis e una quantità di gente mostruosa infinita: credo che tutto il nostro pop derivi da lì o da quella scuola. Posso non citare Motown Records e la scena di Detroit a partire dagli anni 70 fino ad arrivare alla techno che è nata in quella città? No, non posso. Poi mettici i Prodigy, i Chemical Brothers, Norman Cook, Ed Banger Rec e mischia il tutto coi Metallica perchè io ancora oggi mi sparo fortissimo nell’impianto da “ReLoad” a “And Justice for All” o “St. Anger”, aggiungi i Pantera e i Deftones, Cristina d’Avena con le hit che cantava anche se non le produceva ma nel cervello ce le abbiamo tutti e i Jamiroquai, potrei andare avanti all’infinito per cui mi fermo qui.

Che strumentazione utilizzi? Ti occupi anche di mix e mastering? Il disco suona proprio da paura.
Adesso produco con Ableton Live. Ho usato di tutto: da Reason a Qbase, Logic a Protools. Ableton Live però è la mia scelta. Non è meglio né peggio di altri programmi, semplicemente mi trovo bene. Si, ho mixato e masterizzato l’album e tutti, o quasi,  gli album e le tracks che ho fatto uscire dal giorno uno. Sono diplomato e poi laureato 1st Class Hons al SAE Institute di Milano.

Cosa ascolti ultimamente slegato dal tuo ruolo di produttore, ti va di dare qualche dritta ai lettori?
Come avrai capito dalle risposte precedenti io ascolto tutto. Tutto. Se ascolto la stessa roba dopo un po’ mi annoio. Però ascolto dall’inizio alla fine un album, esattamente come è stata ideata la tracklist da chi l’ha prodotta. Una volta assimilato il progetto me lo ascolto anche in shuffle. Se volete una dritta rap, direi Swindle & Kojey Radical (Eng), e Makala (Fr). Non vi metto altri generi se no non finisco più.

L’artwork del disco, disegnata da Korvo, è a mio parere efficacissima per descrivere sia il concept che l’energia che traspare dai pezzi. Com’è avvenuta la scelta dell’artista a cuiaffidare la cover e che rapporto hai con le arti visive?
Korvo è un genio. Sono andato da lui e gli ho detto, “senti ‘sti pezzi, sto facendo un disco, vuoi far la cover?“. Oltre che essere una persona che stimo è un ascoltatore di rap molto attento, mi ha dato modo di capire questa cosa anche l’altro giorno mentre facevamo l’ascolto del disco intero prima che uscisse. Mentre gli spiegavo la storia dei beat, come li avevo fatti, di chi era quel campione e chi l’aveva campionato prima di me e da chi l’aveva campionato in precedenza, mi diceva delle cose che solo chi ama il genere e ascolta con cura poteva dirmi. Per cui gli ho lasciato dei provini dei pezzi e in 2/3 giorni ha cacciato questa mina epocale di cover, disegnando a pantoni con una scala di grigi su un foglio 70 x 70 quadrato che ho appeso qui davanti a me mentre scrivo. Ha colto l’essenza del disco in toto, ha inserito il mio logo nel viso del robot e ha creato un alter ego di Jangy che combatte col mio in uno scenario apocalittico che a mio avviso sembra uscito da uno studio della Marvel. Insomma il Korvaccio è un mostro, chekkate il suo Instagram perchè regala solo perle, ha appena fatto una tela in memoria di MF DOOM che quando l’ho vista mi stavano uscendo gli occhi dalle orbite. Io amo il mondo delle arti visive, disegno anch’io, sono più affine alle lettere, diciamo, ma non mi dilungo… chi vuole capire, capisca… comunque ritengo che la cover sia importante almeno quanto la traccia di un disco, ne fa parte e lo deve descrivere in qualche modo, che sia una foto un disegno o una macchia di colore. Conta che la copertina del mio ultimo album solista me l’ha disegnata un amico fraterno, in arte Blez, poi me l’ha tatuata sulla schiena. “Bilancia” è il nome del disco, per chi volesse… giusto per farti capire quanto conta sto aspetto per me. Carmine è riuscito a fare tutto questo e gli sono grato. Sono felice che ti piaccia questo disco e spero che  tutti possano apprezzare il progetto in toto, perché anche a sto giro è stata tosta dargli vita. Mo’ si passa al prossimo .

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Foto Fabio Colonna
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