Prima di parlare del libro che hai scritto Altri Verranno, tributo ai Sangue Misto, direi che è quasi obbligatorio chiederti qualcosa di te…
Sono un uomo di 43 anni che si è appassionato all’Hip Hop durante l’adolescenza, vivendo da vicino quella che da molti è considerata la Golden Age italiana. Ho iniziato prima come DJ, riuscendo a convincere i miei a comprarmi i primi piatti, poi mi sono messo a scrivere rime, tirando insieme un piccolo gruppo con Smoke, Ikkio e Uiba, con il nome DFP, riuscendo ad arrivare ad incidere nel 1999 un pezzo per una compilation di artisti della mia città VR Troopers che tra l’altro da qualche tempo è stata caricata su YouTube (la nostra canzone è “Cerco Luce”!). Ma fondamentalmente mi ritengo un appassionato di Hip Hop, nulla più.
Com’era Verona al tempo e com’è Verona oggi se parliamo di scena Hip Hop?
Negli anni 90 ricordo parecchio fermento e voglia di confrontarsi, non eravamo in molti numericamente ma cercavamo di darci da fare il più possibile. Ricordo con un po’ di nostalgia le nostre trasferte come crew DFP sul lago di Garda, ospiti dei ragazzi di Matross School, sia in radio per un programma che curavano settimanalmente, che nel loro QG dove potevamo vedere all’opera Paggio con le sue super produzioni che ai tempi faceva con un programma assurdo, il Fast Tracker! Eravamo nel trip del freestyle per cui passavamo serate intere a passarci virtualmente il microfono, momenti davvero stimolanti. Ci siamo un po’ persi di vista dopo l’uscita della compila, più che altro io mi sono un po’ staccato da quella scena. Oggi devo dire che vedo con piacere un sacco di facce nuove, ma anche i vecchi compagni di viaggio, ed è davvero emozionante. Sono stato a dicembre ad un live di Zampa e Capstan ed è stato un bel flash ritrovare quelle vibrazioni che solo un concerto può darti.
Come mai hai deciso di scrivere un libro tributo proprio sui Sangue Misto?
Nei primi anni 2000, in concomitanza con l’addio di Neffa alla scena, persi gran parte dell’entusiasmo verso questa cultura, trovando nuova linfa nella letteratura. Come molti lettori seriali ad un certo punto mi è venuta voglia di scrivere qualcosa di mio, e mi è sembrato naturale provare a farlo raccontando una passione che mi aveva letteralmente folgorato in gioventù. Ho amato profondamente l’Hip Hop, ascoltando per anni tutto il rap uscito sia negli Stati Uniti che in Italia, senza dubbio i Sangue Misto sono stati il mio gruppo preferito in assoluto, in più la loro storia mi è sembrata molto adatta ad essere trasposta in un romanzo. Non potevo che scrivere qualcosa su di loro, avendo sperato per tanti anni in un loro ritorno, che purtroppo non è mai avvenuto.
Quanto ci hai messo a livello organizzativo?
Nel momento in cui ho capito che avrei voluto scrivere un romanzo sui Sangue Misto, ho lasciato per diversi mesi che l’idea si sedimentasse dentro di me, senza provare ad iniziare la fase di scrittura. In quel periodo, parliamo di fine 2017, mi era tornata la fotta del rap, ma più che altro ascoltavo i vecchi dischi piuttosto che le nuove uscite. Ho ritrovato i vecchi freestyle di Neffa, Deda e Gruff su YT e mi sono reso conto che a distanza di quasi vent’anni li ricordavo ancora a memoria. Poi girovagando sulla rete ho trovato un articolo di Rockol.it in cui si parlava del progetto Messaggeri della Dopa, e con mia grande sorpresa ho appreso che il giorno in cui Neffa e Deda partirono da Bologna per raggiungere DJ Gruff a Lecce per andare a scrivere il loro secondo disco, coincise con l’uscita in radio del singolo “Aspettando il Sole”. Mi è sembrato un momento così importante e quasi mistico che non poteva non diventare l’inizio del mio romanzo. E fu così che a maggio del 2018 iniziai finalmente il primo capitolo, arrivando a concludere la scrittura un paio d’anni dopo.
Che lavoro di ricerca c’è dietro?
La maggior parte delle cose che sono contenute nel libro appartengono ai miei ricordi, alcune le avevo dentro da sempre, altre sono riemerse solo durante la scrittura. Ho attinto poi alle poche interviste video che si trovano in rete, come ad esempio quella di Master Freeze a tutti loro, così come quella dello speciale su “Lago Ampollino Rap”, o quella di MixMen Connection a Neffa. Avevo poi ancora molti numeri di Aelle e Biz, che mi sono stati utili per ritrovare alcune informazioni, ma anche per assorbire il diverso modo di comunicare che avevano loro tre, snodo fondamentale per il tipo di narrazione che ho scelto di dare al libro.
Al di la del fatto che è un genere letterario, c’è uno scopo dietro a questo libro?
Onestamente questo romanzo non è nato per essere un vero e proprio libro, lo è diventato solo successivamente. L’ho scritto innanzitutto per me stesso, perché sentivo di dover esprimere questa passione in qualche modo. Dopo averlo pubblicato, senza alcuna aspettativa, ho iniziato a ricevere messaggi entusiastici da parte dei primi lettori, felici di aver potuto fare un tuffo nel passato. Aldilà di questo, mi auguro che un libro come questo possa rappresentare un po’ un’ispirazione per chi avrà voglia di raccontare ancor meglio di me quel periodo storico del rap italiano.
I giovani di oggi cosa possono imparare da un libro come il tuo?
Credo che un giovane che oggi ascolta il rap potrebbe essere interessato a capire un po’ cosa è accaduto in passato. Ovviamente il mio è un romanzo quindi non contiene la verità assoluta né la storia dell’Hip Hop in Italia, ma è comunque lo spaccato di una scena musicale che oggi, pur essendo cambiata radicalmente, ha raggiunto un successo che nessuno avrebbe immaginato. Tra i lettori che mi hanno inviato un loro parere sul libro ho scoperto sorprendentemente tante nuove leve che mi hanno ringraziato perché le pagine che ho scritto sono riuscite a trasportarli in un tempo che avrebbero voluto vivere, ma che per mancanza di altro materiale reperibile non conoscevano troppo bene.
Se qualcuno ti criticasse dicendoti che il libro è anacronistico, cosa risponderesti?
Beh, è una definizione che ci può stare e che accetto tranquillamente. Come dicevo prima, questo libro l’ho scritto principalmente per me stesso, per dare vita a dei ricordi a me cari, ma anche in qualche modo per dimostrare che sono in grado di sviluppare un’idea e portarla a compimento. Non so se sia anacronistico o meno ma è un libro che parla di tre artisti che, quasi trent’anni fa, con SXM hanno un po’ cambiato la mia visione del mondo, non solo dal punto di vista musicale.
Hai chiamato il libro come il secondo disco che avrebbero dovuto fare i Sangue Misto: Altri verranno. Come mai questa scelta?
Una volta stabilito che avrei scritto un romanzo con protagonisti i Sangue Misto, mi è subito tornata in mente una puntata del programma radiofonico “One-Two One-Two” andata in onda nel lontano 1996. In quel frangente presentarono in diretta una versione remix del pezzo “Dimmi Se Ti Piace Adesso” (contenuta nell’album di Gruff “ Zero Stress”) e nel contempo raccontarono di essere in fase di scrittura di un pezzo nuovo che si sarebbe intitolato proprio “Altri Verranno”. Quindi probabilmente sarebbe stato solo il titolo di una canzone più che dell’album, in ogni caso mi è sembrato da subito un ottimo titolo per il libro.
Tu per caso sai perché loro lo avrebbero chiamato così?
Questo andrebbe chiesto a loro direttamente. Per quel che ne so c’è una strofa di Gruff incisa su un mixtape di MixMen che potrebbe anche far parte di quel famoso pezzo mai uscito e che fa: “…per quelli che verranno, quelli che ora non sanno, per quello che faranno… chi cerca trova chi prova e prova ancora chi aspetta e spera qualcuno prova mentre un altro sclera tanti smettono molti bluffano ma son di più quelli che arrivano… altri verranno e saran sempre di più…”. Un concetto valido in tutti gli ambiti, l’evoluzione delle cose, il fatto che ci sarà sempre qualcuno che verrà dopo di noi, qualcuno che magari ha tratto ispirazione proprio da chi l’ha preceduto, che prende qualcosa di conosciuto e lo trasforma in qualcosa di diverso, portandolo ad un livello superiore.
Secondo te nell’Hip Hop è davvero avvenuto questo processo evolutivo? Le nuove leve hanno portato la cultura Hip Hop a un livello superiore?
Premetto che fatico non poco a seguire la nuova scena, i nuovi artisti, sia per mancanza di tempo che per una difficoltà oggettiva nel riuscire a seguire tutto ciò che esce… Ti risponderei istintivamente di no, soprattutto perché mi sembra che ognuno pensi al suo orticello e che davvero pochi incarnino i valori dell’Hip Hop così come lo abbiamo conosciuto noi ai tempi. Ma sono un inguaribile ottimista per natura, per cui credo che questa sia solo una fase e che arriveranno ancora persone in grado di portare tutto questo ad un livello superiore.
A proposito di altri che verranno: ci sono artisti che, a oggi, sono importanti per te o che credi nel futuro possano arrivare a dare lo stesso significato all’Hip Hop come i Sangue Misto?
Come dicevo prima, c’è sempre qualcuno che verrà dopo e che potrebbe lasciare un segno indelebile. C’è un passo del mio libro in cui immagino sia Gruff a parlare e che ti riporto fedelmente: “l’Hip Hop non è qualcosa che puoi definire, per qualcuno è uno stile di vita, per altri una cultura e per altri ancora uno stato di mente. È tutto e nulla…”. Poi citando Grand Master Flash: “…lui ci ha spiegato che lo vede come una sorta di Olimpiade, dove una persona tiene alta la torcia, fa il suo percorso, e poi la passa a qualcun altro, che a sua volta la passerà ad altri dopo di lui”. Non so se arriverà davvero qualcuno che eguaglierà nella mia visione dell’Hip Hop ciò che sono stati i Sangue Misto. Sono passati tanti anni e le cose sono cambiate radicalmente, le intenzioni sono diverse, l’aspetto culturale è quasi sparito per lasciare spazio solo a numeri e business. Ma nonostante questo, sempre citando un passaggio di Altri Verranno: “C’è sempre qualcuno nascosto nel buio pronto a fare il culo a tutti. È questo che ha sempre salvato l’Hip Hop!”.
Mi obblighi a chiedertelo prima di lasciarti: qual è la tua visione dell’Hip Hop?
Per me l’Hip Hop ha rappresentato e rappresenta un modo per esprimere la mia creatività; in più mi ha dato e da tuttora la consapevolezza di non pormi mai limiti, di inseguire i sogni senza paura di non farcela. È qualcosa che mi ha accompagnato durante la vita, anche nel periodo in cui avevo smesso di ascoltare il rap, è una consapevolezza di se stessi che ritengo fondamentale per crescere sia dal punto di vista umano che artistico.