Intervista a Roberto Pili, autore del documentario “Bboy Fiero – La passione è la mia forza”

tempo di lettura: 3 minuti

Bboy Fiero – La passione è la mia forza è un documentario biografico su Luciano Galici, in arte Bboy Lucio breaker da più di vent’anni, membro dello storico gruppo sardo di breakdance Ormus Force. In questo documentario, diretto dal regista Roberto Pili che ho avuto il piacere di intervistare, si racconta la battaglia che Bboy Lucio ha combattuto contro il male oscuro: un carcinoma papillare diagnosticato all’età di trentadue anni. Il documentario è completamente autoprodotto senza alcun finanziamento pubblico e ha richiesto oltre un anno di lavorazione. Le riprese sono iniziate ad Agosto del 2020 in piena pandemia e sono terminate a Settembre 2021.

Come è nata l’idea di questo documentario?
L’idea di raccontare la storia di Luciano mi è venuta dopo una lezione con lui di breaking. Conoscevo Lucio già dal 2012, quando avevo intervistato la sua Crew, gli Ormus Force, per il mio documentario CA4ARTS – 4 Arti una sola Strada. Era l’Agosto del 2020 quando decisi di raccontare la sua battaglia contro il male oscuro, un carcinoma papillare alla tiroide. Luciano si è reso sin da subito disponibile e ha dato un aiuto enorme alla realizzazione del documentario. Ricordo ancora la prima intervista, tutti e due molto emozionati, al Pistino di Cagliari (luogo storico dell’Hip Hop isolano). Le riprese e il montaggio hanno richiesto circa un anno di lavorazione, in piena pandemia. Non è stato richiesto alcun contributo pubblico. L’intero documentario è stato autoprodotto.

Come è strutturato il documentario?
Praticamente è suddiviso in capitoli, Le origini dove Bboy Lucio racconta i suoi esordi, come si è avvicinato alla cultura Hip Hop ed in particolar modo alla breakdance. Quando in una televisione locale, in un programma di nome One Night, ballavano i più rappresentativi Bboy della scena sarda in quel momento, come Bboy Gipsy, Bboy Alex, Bboy Farfalla eccetera. Di particolare interesse quando descrive la gioia e l’orgolio di aver partecipato al Battle Of The Year 2006.
Poi c’è il capitolo Il Bboy dove Lucio descrive in piano sequenza l’origine e il significato del termine. Poi si arriva a Il male oscuro: dove si entra nel vivo del racconto. Lucio ricorda il giorno in cui è stato male, il ricovero, le sensazioni, le emozioni, l’operazione e la ripresa della sua vita tramite la breakdance. Poi è il turno de La famiglia: il racconto del padre, del fratello e degli amici che in quei lunghi giorni gli sono stati vicino. Infine si conclude con il capitolo La passione è la mia forza: la conclusione del percorso di caduta e di rinascita di Bboy Lucio.

Qual è il messaggio che speri arrivi alle persone?
Il messaggio, ribadito più volte all’interno del documentario, da Bboy Lucio e da tutte le persone che hanno dato un contributo, è quello di non arrendersi, di trovare una passione che possa risollevarti dalla merda. La cultura Hip Hop può dartela sotto forma di ballo, di disegno, di canzone. Non abbattersi davanti a nulla, come in questo caso davanti ad un cancro.

Al momento dove si può vedere il documentario?
Al momento stiamo chiudendo diverse proiezione nell’isola e al di fuori. Per chi volesse ospitare una proiezione può mandare una email a bboyfiero2021@gmail.com Successivamente verrà prodotto in edizione limitata in bluray.

Mi dici invece qualcosa di te come regista? Qualcosa sul tuo background?
Sono un fotoreporter e videomaker cagliaritano. Al termine degli studi artistici, all’età di vent’anni, ho incominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche sarde e nazionali. Inizialmente ho girato diversi videomusicali per artisti sardi tra cui Quilo dei Sa Razza, Randagiu Sardu, Claudia Aru, SaRazza (gli ultimi due video), Micio P e tanti altri. Successivamente ho realizzato il mio primo corto in lingua sarda Tantu po cummenzai premiato con la Menzione d’onore al “Notorius Film Festival”. Il primo documentario invece riguarda la storia dell’Hip Hop a Cagliari, CA4ARTS – 4 Arti una sola Strada premiato con il premio del pubblico al “Notorius Film Festival” e al “HipHop Cine Fest”. Segue il secondo documentario sulla storia del Punk in Sardegna Wicked Style. Ho sempre il desiderio e la voglia di rappresentare l’underground della mia terra. La Sardegna non è solo mare, pastori e poche altre cose che la cultura di massa immagina. Abbiamo artisti di altissimo livello ma mai considerati perchè i fondi sono sempre destinati alle stesse persone o agli stessi argomenti. Nel mio piccolo cerco di dare una finestra a questo vasto mondo che ci circonda e che vuole uscire con tutte le sue forze.

Previous Story

Dope Boys Alphabet, la storia segreta di Noyz Narcos.

Next Story

Nasce la “33db-good noise”, etichetta discografica Urban-Indie