Kiave & Macro Marco, l’intervista

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Un nuovo singolo e, finalmente, l’intera Re-Issue nel supporto più amato. Terra Bianca è il nuovo brano di Kiave & Macro Marco che, per celebrare i 10 anni del loro split album Fuori da Ogni Spazio ed Ogni Tempo, hanno deciso di riproporre quello che tra fan e collezionisti è diventato un instant cult del Rap underground italiano, per la prima volta, anche in Vinile, in edizione limitata di 300 copie trasparenti numerate a mano. Per l’occasione, abbiamo scambiato due chiacchiere con gli artisti, focalizzandoci esclusivamente sul disco e su quello che può significare oggi, dopo essere trascorsi dieci anni dall’uscita.

Ho appena rivisto il video di “Fuori Moda”, direttamente dal 2011, ed è come se fossi stato catapultato in un’altra epoca: conoscendomi è stata una gran bella sensazione anche se mi avete fatto ricordare quel progetto tristemente noto come Due di Picche. Dinenticato comunque all’istante. Tornando a noi invece, praticamente tu Kiave sei rimasto lo stesso mentre a Macro è cresciuta la barba: ma sostanzialmente, cosa è cambiato da quel disco? E una riflessione che segue subito questa domanda, cosa ricordate di più di quel periodo? A furia di ripetermi sembrano proprio altri tempi….
K: È cambiato tanto, come è giusto che sia, siamo cambiati noi, abbiamo cambiato città, è cambiata la musica e la cultura Hip Hop in genere. Io ricordo un forte senso di collettività in quel periodo, che quasi mi staccò completamente dallo scrivere in solitudine, infatti la maggior parte dei testi di questo prodotto, dieci anni fa, li scrissi da Macro, e non nella mia camera sigillato con le tapparelle abbassate e l’ossigeno sostituito dal fumo di sigarette (a questo ci pensava comunque Macro che ha il dono del tabagismo illimitato). Ora sono ritornato a quella dimensione di chiusura compositiva. Sono tranquillo su entrambi i periodi perché so che il tempo è ciclico, come dice qualcuno che hai menzionato nella tua domanda.
MM: Siamo cresciuti noi, e non solo sotto l’aspetto anagrafico. Si, è cambiato molto, a partire dai metodi di fruizione della Musica, ma non c’è un meglio o un peggio. C’è qualcosa a cui puoi essere più legato (del passato), come i tanti ricordi di quel periodo, ma è sempre importante lasciarsi stupire anche dalle cose del presente, che magari scopri per la prima volta. Ed è proprio quello che succederà a te quando ti dirò che la barba l’avevo tagliata per l’occasione.

Chapeau, in effetti mi hai stupito, credevo fosse il contrario, ma questo è un periodo in cui mi stupisco spesso. Tornando a noi, Fuori da Ogni Spazio ed Ogni Tempo è un instant album, anche se come termine lo reputo riduttivo: come è stato ampiamente dimostrato col passare del tempo si è rivelato un piccolo cult tra i vostri fan ma soprattutto un “crack” fra i collezionisti, infatti il cd ha sempre raggiunto una quotazione piuttosto elevata: secondo voi a cosa è dovuto?
K: Non penso sia facile decifrare i moti economici dei collezionisti, forse perché erano poche copie, senza ristampa, tutte numerate a mano? O forse perché il prodotto spacca?
MM: Ricordiamoci che nel momento in cui uscì il disco non c’era un vero e proprio mercato nero delle Limited e né c’era questa rincorsa ossessiva alla stampa particolare. Il nostro era un prodotto in Free Download, la copia fisica era quasi un regalo in più, messo lì per placare la richiesta dei fan più “hardcore”. Tutto il processo è stato molto genuino e può solo darci l’idea del posto speciale che questo prodotto ha occupato nell’immaginario degli ascoltatori.

Riascoltando il disco a distanza di tempo si sente un’urgenza di scrittura e di espressione che riemerge oggi con la stessa forza e necessità di allora e direttamente dal cuore di quello che era un tempo l’underground, con la non sottile differenza che sembrano anni ancora più difficili, soprattutto dal punto di vista del sociale: per Bell Hooks la funzione dell’arte è quella di raccontare le cose semplicemente come sono e di immaginare il più possibile. Siete d’accordo?
K: Qui si aprirebbe un capitolo per cui non basta sicuramente il tempo che abbiamo (ride n.d.r), io ho scelto il Keep it Real come guida per l’impostazione strutturale dei miei testi, e questa a volte può essere un limite come un input in più.
MM: ‘Nuff Said!

 

 

Dieci anni sono un lasso ragionevolmente lungo per iniziare e finire la maggior parte delle cose che investono la nostra vita: certi progetti si ridimensionano, alcune idee cambiano, una certa tranquillità prende il sopravvento rispetto al resto. Prendendo spunto ancora una volta dal singolo e con un bagaglio di esperienze notevolmente arricchito da questo decennio trascorso vi sentite ancora fuori moda?
K: Sempre, anche perché le mode non mi interessano, è una delle poche cose con cui non riesco ad andare d’accordo a Milano dove, volente o nolente, è tutto moda, tutto fashion. Io non sono così, non critico chi lo è, ognuno ha le proprie predisposizioni, ma l’Hip Hop mi ha proiettato verso passioni meno dispendiose, mettiamola così. La moda è un accessorio, se diventa il fine di tutto non mi affascina, ma è un problema mio, ripeto. Un mio vecchio amico diceva: “fuori moda, solo se sei fuori moda puoi crearne nuove”.
MM: Non sono mai stato troppo interessato al fenomeno di costume che, da sempre, si muove parallelamente agli ambiti o alle correnti culturali, mentre l’industria della musica, in particolare, tende sempre più a cibarsi di tutto questo. Quindi si, assolutamente ancora “Fuori Moda”, ma dentro alle cose che succedono, di brutto.

Un’altra cosa che mi preme rimarcare prendendo spunto da altri due pezzi iconici del disco, “N.O.I.” ed “I.O.” e sfruttando il loro parallelismo è proprio questa sorta di autocompiacimento che ha subito il rap negli ultimi anni praticamente a livello di ogni cosa, dalle dichiarazioni a volte imbarazzanti e imbarazzate degli artisti fino a finire alle interviste pilotate tra artisti e rispettivi manager; quell’io-io-io ripetuto come un mantra contrapposto ad un “noi” che ha perso sempre più significato. Cosa ne pensate?
K: Penso che il problema trascenda e vada oltre l’Hip Hop, anche oltre la musica stessa. Viviamo un’era di individualismo e autocelebrazione senza precedenti. Sono cresciuto con un’arte che mi spronava a dare sempre di più, a ricercare dentro me il massimo, valicando i miei limiti cercando di migliorarmi sempre. Oggi sia l’arte che la comunicazione in genere tendono a farti credere che nessuno sia come te, che tu vali a prescindere, che non hai bisogno di nulla se non di te stesso per accettarti per come sei. Questo è importante, ma così facendo si rischia di chiudere le porte al N.O.I. di cui parlavi, perché si elide il confronto, lo scontro a volte, ma comunque la ricerca di un continuo sperimentarsi con gli altri. Negli anni ho fatto un lungo e tortuoso percorso per cercare di ridimensionare il mio ego e cercare di mettere le mie conoscenze a disposizione degli altri, per questo l’acronimo di I.O. (Imponiti-Opponiti) è un antidoto all’individualismo dirompente e all’egoismo spicciolo, che fa male sia al singolo che alla società in cui questo si muove.
MM: Per me l’Hip Hop è stato sempre e solo sinonimo di comunità. Avendo l’Hip Hop influenzato in tutto e per tutto la mia vita, la mia crescita ed il mio pensiero, non riesco a non cercare quel senso di comunità praticamente in tutto quello che faccio, e non solo a livello musicale. E’ importante però ricordare, spesso a se stessi, che non è un concetto che si può dare per scontato o solo ed esclusivamente da preservare, ma da alimentare, in prima persona.

Questa invece è una domanda che può assumere più o meno rilevanza, ma sicuramente è indicativa ed accompagna inevitabilmente l’analisi di qualsiasi disco a distanza di tempo dalla realizzazione: cosa vi soddisfa ancora totalmente e cosa invece col senno di poi avreste cambiato?
K: Su questo io e Macro abbiamo pareri discordanti (ride nd.r.)
Mi soddisfano i testi, si, le strumentali totalmente, Macro stava in formissima in quel periodo, anche la ricerca di qualcosa per noi nuovo mi piace molto. Non sono soddisfatto di come suona, ai tempi non avevo ancora le skillz che ho ora per quanto riguarda il mixaggio, e penso di aver fatto abbastanza danni qua e là, quando ho riaperto i file per rifare il master ho pensato “madonna che rozzo che ero”, usavo certi plug-in con la delicatezza di un unno che invade un parco giochi…ma a Macro piace, quindi va bene così.
MM: A me piace perchè riesco a contestualizzare. Mi fa quasi strano ascoltare un brano che per 10 anni ho sentito suonare in una maniera, con un altro suono. Sicuramente avremmo potuto fare di più… ok, ma è troppo facile dirlo 10 anni dopo.

“Terra bianca” è l’inedito che arricchisce e conclude il vinile, e mi dicevi che chiude il cerchio anche da un certo punto di vista musicale e forse lirico. Come proseguirà il viaggio? Non ricordo chi diceva che un artista vive sempre in fuga, da se stesso e/o dalla realtà.. quindi ancora fuori da ogni spazio e tempo?
K: Io ho deciso di fare una musica e raccontare storie che valicano le barriere dello spazio (quindi della mera territorialità che spesso mi sa di fascismo) e il tempo (le mode, il gergo e i suoni del momento, che rischiano di essere dimenticati da lì a breve), ma soprattutto ciò che uscirà, ciò su cui lavorerò sarà solo ed esclusivamente qualcosa che piace a me e che soddisfa le mie esigenze di ascolto del periodo. In passato, vuoi per insicurezza o mancanza di esperienza, in rarissimi casi mi sono lasciato condizionare da ciò che l’esterno potesse pensare della mia musica, da qui in poi, oggi, che mi sento solido come non mai, non succederà più.
Se ciò che faccio non dovesse piacere, amen, ragiono sulla lunga distanza ormai, non sulla durata settimanale, quando va bene, di un disco o un video o un brano.
MM: La nostra rotta è abbastanza chiara e stiamo cercando di seguirla nella maniera più dritta possibile, sia nei momenti di bel tempo, sia tra le intemperie. Di base, continueremo a goderci il viaggio, che è la cosa che ci interessa di più.

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