The other side of 90’s: No Diggity, l’intervista

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No Diggity nasce da un’idea di DJ Cenz (BPS Click, WHP) e Bargeman AKA B47 (Arena 051, BPS Click, Black Market, Banana Bangerz) esperti e collezionisti di black music. I due dj e appassionati hanno dato vita ad una serie di party che negli ultimi 3 anni hanno portato nei club bolognesi il meglio dell’hip hop dei ’90, ma non solo; passando dal rap underground all’R&B, proseguendo fino al pop, il duo ha reinterpretato con la propria visione un sound che ha plasmato ben più di un decennio, e adesso ha deciso di trasformare questo lavoro in una release discografica. No Diggity EP Vol. 1 è un EP di 7 tracce figlio dello sterminato archivio dei due dj, che dopo lunghi mesi di digging hanno scovato gemme nascoste e le hanno intrecciate a capolavori immortali. Il risultato è un mix di underground e mainstream, di sample sconosciuti e melodie leggendarie, reinterpretati in chiave moderna ma con lo spirito della Golden Age – il vero marchio di fabbrica del team No Diggity.

Sappiamo già qualcosa di voi, anzi molto, quindi non partirei dalle solite domande, piuttosto da quello che è successo negli ultimi mesi e di come avete raccolto in un ep l’eredità artistica di tante serate organizzate in quel di Bologna: da cosa è partita l’idea?
L’idea è partita dal fatto di voler creare dei pezzi da poter suonare in serata. All’inizio pensavamo di fare un disco di edits con un paio di remix, uno per lato, da poter suonare in una situazione più lounge, ma anche sul dance floor; poi invece ci abbiamo preso la mano e le cose sono andate avanti molto spontaneamente, in pochi mesi abbiamo prodotto un cospicuo quantitativo di musica.
L’obiettivo di No Diggity come serata era quello di far riscoprire alla gente perle del periodo tra i ’90 e i primi 2000, gli anni in cui eravamo dei ragazzini, tirando fuori sempre qualcosa di inaspettato ed evocativo di quegli anni e dei posti dove si ascoltava questa musica a quei tempi. Dal Caffè della Linea al Naked, da Zona Dopa al Live’n Kickin, dal Caos Bar al Soda Pops. Siamo sempre alla ricerca del remix, del pezzo pirata a metà tra il mash up e il bootleg, quindi ci siamo detti “facciamoceli noi i pezzi che vogliamo suonare”. E così è stato.

Un vinile white label in edizione limitata: ovviamente non poteva essere che questa la scelta del supporto, come avete lavorato invece a quella dei brani selezionati? Avevate una sorta di filo rosso? E soprattutto non vi siete scontrati “filologicamente” durante le scelte?
La scelta dei brani è stata un pò dettata dalla disponibilità, seppur ampia, dei vocals e della acappellas. Il resto lo ha fatto l’esperienza. Cenz fa il DJ da 25 anni ed ha un orecchio che istantaneamente capisce cosa suona bene con cosa, Bargeman invece è un producer dagli stessi anni e sa perfettamente come istituire e finalizzare la traccia. Queste due peculiarità ci hanno dato modo di lavorare in maniera snella e veloce, facendoci divertire tantissimo.
Ci siamo dati un paio di regole da seguire, ma molto blande, giusto per non divagare in viaggi infiniti, che è un attimo. L’EP segue un percorso evolutivo, seppur in 7 tracce, che parte da A ed arriva a B, dove A è la prima produzione a nome No Diggity (il beat che si trova nei video teaser delle serate) e B è la tendenza un po’ New Wave che prende piede nella seconda parte, in cui si sentono anche 808 e piattini in 64 – sempre però rimanendo fedeli al concept iniziale, cioè la Golden Age dei 90’s.Il processo è stato molto fluido e naturale, quindi non abbiamo avuto nessun ostacolo sulla creazione dei pezzi; in più, conoscendoci da oltre 20 anni, ormai ci basta poco per capire se il pezzo funziona o no.

Non è roba per il grande pubblico, l’avete ribadito più volte. Ma anche quel lato lì va esplorato: siete soddisfatti di come sono andate le vendite?
Non è roba per il grande pubblico è vero, lo abbiamo detto più volte, perché per capire tutto il viaggio al meglio devi essere ad un livello di intrippo bello alto. Però in realtà ci sono diversi pezzi che hanno un potenziale pop esagerato, anche perché sono brani pop quelli dai quali siamo partiti. Sfido chiunque a dire che il remix di Dirty di Christina Aguilera non è meglio dell’originale. C’è Natalie Imbruglia con i Wu Tang nel ritornello. Questo disco avrebbe delle potenzialità altissime, se i pezzi originali fossero usciti quest’anno e non 20 anni fa, ma siamo convinti che sul dance floor abbiamo ugualmente una potenza non indifferente. Siamo molto soddisfatti dei feedback che stiamo ricevendo. Le vendite procedono, nonostante il periodo non sia facile. L’attività su Bandcamp è quotidianamente in crescita e dai negozi abbiamo buoni riscontri. Ogni giorno riceviamo messaggi ed apprezzamenti e di questo siamo molto contenti.

Ed invece il feedback da parte degli addetti ai lavori? Mi sembra di intuire che in fondo “No diggity” sia nato per loro…
In realtà No Diggity è nato per noi 2 e per i nostri amici. Questo è sempre stato uno di quei punti fermi di cui si parlava prima. Il nostro obiettivo principale era quello di divertirci insieme ai nostri amici e di fare musica per quelli che sono cresciuti insieme a noi. Questa cosa ci ha portato a viverci il tutto molto serenamente da quando abbiamo cominciato fino ad ora, lasciando che fosse la fotta a parlare per noi e cercando di mantenere sempre una visione lucida della cosa. L’importante è sempre stato divertirci e fare divertire gli altri fossero 10 o 300. Zero compromessi, zero meccanismi. Libertà. Dagli addetti ai lavori abbiamo ricevuto dei buonissimi feedback e abbiamo ricevuto anche un supporto che non ci aspettavamo. Quindi ringraziamo tutti di cuore.

Siete entrambi collezionisti, naturalmente, se doveste consigliare qualche altra perla che non avete ancora pubblicato? E che magari non sarà contenuta nel prossimo capitolo del progetto?
Consigliamo di ascoltare sui nostri canali Soundcloud, Instagram e Vimeo tutta la saga delle release che hanno anticipato l’uscita del disco. Da Marzo 2020 ne è uscita una al mese e ne abbiamo anche qualcun’altra in serbo. Quella è tutta roba nata dopo la creazione del disco, ma pubblicata prima, per far capire alla gente che stavamo facendo musica, visto che le serate non si potevano più fare.
Se volete invece qualche consiglio su cosa ascoltare per capire meglio lo spirito che anima No Diggity vi diciamo tra tutti di ascoltarvi Amerigo Gazaway e l’ultimo disco di Lord Finesse, “Motown State of Mind”: quella roba è quello che chiamiamo No Diggity.

È difficile trasmettere su un supporto la stessa energia che si può sentire live, durante i party: credo che questo sia l’ostacolo più grande che va superato si lavora ad una release discografica… sbaglio?
E’ difficilissimo trasmettere in generale. Trasmettere su disco l’energia di un live o ancora peggio un DJ Set è davvero un’impresa ardua, ma se ci stai facendo questa domanda vuol dire che forse ce l’abbiamo fatta. Scherzi a parte, quando si lavora ad una release discografica (se vogliamo usare questo termine) gli ostacoli sono molteplici, primo fra tutti la ridondanza dello stesso pezzo in loop per ore per giorni. Dopo un po’ entri talmente in quel mondo che rischi di perdere la visione oggettiva del brano. Rischi che ti piaccia a prescindere, di non sentirne i difetti oppure di sentire solo quelli. In questo essere in due, uno più dj e l’altro più producer, ci ha molto agevolato: la roba che non ha convinto entrambi al 100 % è stata accantonata.

“L’hip hop non ha inventato niente, ha re-inventato tutto”, il corsivo è di Grandmaster Caz: quindi anche quello che sta succedendo oggi, l’avvento di questi nuovi suoni, questa nuova estetica esasperata?
Guarda, a costo di sembrare impopolari, SI. E’ innegabile che la musica di oggi sia lo specchio della società di oggi. E questo in Italia non era mai avvenuto prima della cosiddetta trap. Questa roba ha portato l’Italia per la prima volta ad essere musicalmente al passo coi tempi, a produrre musica di largo consumo competitiva con lo stesso genere a livello internazionale; volente o nolente, l’Italia nel 2020 è attuale. Poi può piacere o non piacere, a noi non fa impazzire, ma le generazioni che ascoltano questa musica lo fanno perché parla la loro lingua. Il fatto che noi che siamo più vecchi non la capiamo non è né un difetto né un vanto, è che semplicemente non è il nostro linguaggio. Questi ragazzi raccontano per la maggior parte le periferie, luoghi dell’hp hop da sempre, e spesso vengono da situazioni molto più disagiate della maggior parte dei famosi rapper duri e puri dei 90’s. Adesso molti di loro hanno fatto i soldi e si sono costruiti carriere indipendenti, ma per anni hanno fatto gioco di squadra per imporre la loro roba sia sul mercato che sull’immaginario della gente, hanno unito molto più le forze loro che la cosiddetta scena underground degli ultimi 15 anni. L’estetica esasperata per la nostra generazione è follia pura, e non è neanche un bel messaggio comunque la si voglia mettere, ma è un canone di questa generazione, purtroppo, e forse le cause andrebbero ricercate alla base del contesto sociale, non nelle canzoni. Non ti sappiamo dire se questa cosa sia Hip Hop o no, non credo che in Italia si possa capire fino in fondo il concetto di una cultura nata a fine anni 70, in un’epoca totalmente diversa dalla nostra, in un contesto socio economico che non potremmo mai capire completamente. Negli anni abbiamo imparato che quello che noi chiamiamo Hip Hop è fondamentalmente un’esigenza, la voglia di trasformare una situazione difficile in qualcosa di creativo, qualcosa di bello. Il resto sono sfumature.

Parliamo anche di cose molto “attuali” di cui stiamo subendo gli strascichi: in che modo la pandemia ha influito sul vostro lavoro, sui progetti e soprattutto sui live?
Tasto dolente. La pandemia ha influito annullando quasi completamente il discorso party, ne abbiamo fatti un paio quest’estate che sono andati molto bene, ma qui a Bologna il rispetto delle regole è preso molto seriamente e quindi è stato molto strano. Di contro c’è però da dire che il periodo di lockdown ci è servito per creare questo disco e tutta la musica che abbiamo pubblicato da Marzo. Non potendo suonare e ricevendo continuamente richieste e messaggi di supporto, invece che improvvisare dirette a cazzo abbiamo deciso di fare musica. Ora la situazione è tornata tesa e anche quel poco che si poteva fare non si può più fare. Staremo a vedere, ma quando si potrà tornare a fare festa sul serio noi saremo pronti come non mai.

Ed inevitabilmente per concludere: ci sarà No diggity volume 2?
Chissà? Per ora abbiamo questo da spingere e nei prossimi mesi usciranno altre release mensilmente, uscirà anche una raccolta su Bandcamp (SPOILER) con una chicca per gli amanti del rap italiano. Abbiamo già detto anche troppo.

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