Il 4 luglio a Trieste Rebeca Lane in concerto, leggi l’intervista

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Mercoledì 4 luglio NON UNA DI MENO – Trieste dedica una giornata alla cultura Hip Hop, tra musica e confronto, in una dei luoghi più caratteristici di Trieste, Piazza di Cavana, fulcro della città vecchia.
L’evento nasce dal bisogno di confrontarsi su un importante aspetto specifico dell’Hip Hop: il Rap come strumento di azione sociale che sa riconoscere il potere della parola e fa del microfono l’arma condivisa di un sentire comune. Un rap che sa essere uno strumento di denuncia delle dinamiche di potere, mezzo attraverso il quale fare antifascismo, antirazzismo e antisessismo secondo una prospettiva femminista.
Alle ore 18 si parte con il dibattito “Le donne nell’Hip Hop – Tra Rap e Sessismo” dialogo tra la rapper umbra ma bolognese di adozione Mc Nill e la cantautrice, poetessa e rapper guatemalteca Rebeca Lane, con Nudm-Ts a fare da moderatrice. A seguire il Cypher, nel quale a turno vari rapper improvviseranno rime mostrando la propria abilità, e per chiudere alle 21.30 il tanto atteso concerto di Rebeca Lane, nell’ambito dell’Obsidiana tour, dove l’artista presenterà il suo ultimo disco, pubblicato il 4 maggio.

Siamo riusciti a scambiare due parole con l’artivista, come viene definita, prima della sua partenza per il tour italiano, dove oltre a Trieste si esibirà a Milano, Torino, Roma. Da sempre attiva nei movimenti sociali a fianco dei lavoratori e dei popoli indigeni, si interessa ben presto al femminismo, elemento centrale della sua opera tanto in ambito poetico che musicale. Nelle sue liriche risuonano le proprie esperienze personali e politiche di donna e militante femminista impegnata in percorsi di autodeterminazione, liberazione e autonomia.
Tra le pioniere della cultura Hip Hop in America Centrale, è membra del collettivo Última Dosis e fondatrice di Somos Guerreras, un progetto collettivo femminista mirante a scardinare il sessismo negli ambienti Hip-Hop.

Allora, chi è Rebeca? Raccontaci chi sei e da dove vieni..
Sono una donna meticcia, nata in Guatemala durante la guerra. Attivista fin da giovane sui temi della memoria storica e della giustizia, successivamente del femminismo. Ho fatto teatro, poesia e attualmente Rap. Ho studiato sociologia e ho fatto diversi lavori accademici e popolari sull’Hip Hop in Guatemala. Faccio parte di “Somos Guerreras”, un gruppo di donne che cercano di promuovere l’attività delle donne nel HH.

Rispetto ai tuoi album precedenti come Alma Mestiza, quale è il tratto distintivo che risalta di più, la differenza sostanziale rispetto al passato?
L’identità musicale di Obsidiana si avvicina molto più a ciò che voglio dalla mia musica. Per me è importante che la musica parli del posto da cui vengo, molti artisti cercano di suonare imitando ciò che si fa nel mainstream in USA, ma in Obsidiana abbiamo cercato strumenti e produzione musicale locale. Ci sono produttori/produttrici del Guatemala, Argentina, Ecuador e Cile, così come strumenti locali quali la marimba, il charango e i vientos.
Anche i testi sono ispirati alla regione di Abya Yala (nome ancestrale del territorio americano in lingua Kuna), alle lotte delle donne che hanno difeso il territorio, alle lotte femministe, all’energia che ci da la forza della natura e anche a temi più intimi ed emozionali riguardo il contesto politico dell’America Centrale.

Come è nata la tua passione per la cultura HH e da chi sei stata sei ispirata? Hai un aneddoto riguardo alla tua “iniziazione”? E perché pensi che sia proprio il rap la forma di espressione più adatta a te?
L’Hip Hop arrivò nel territorio del Centro America dalle deportazioni che fecero gli USA negli anni ’90. Anche se in quel decennio la repressione politica non permetteva ancora spazi di espressione ed organizzazione, già nel primo decennio del 2000 l’Hip Hop cominciò a dar voce e movimento ad una generazione che aveva ereditato una società violenta. Io vengo da questa generazione. L’Hip Hop è l’espressione artistica più popolare che dà voce ai giovani delle aree marginalizzate, per cui il movimento arrivò con molta energia e la grande necessità di gridare vita in mezzo a tanta morte.
Partecipare ad un’opera teatrale e musicale Hip Hop diretta da Kame (pioniero del rap in Guatemala), che parlava di violenza e amore in periferia, mi segnò sotto molti aspetti. Mi fece sperimentare sulla pelle la necessità del Hip Hop per la nostra generazione e il contesto che viviamo.

Quali sono state le difficoltà che hai dovuto affrontare lungo il tuo percorso artistico, cosa ti hanno insegnato?
La cosa più difficile è fare arte in Guatemala, un paese con l’80% di povertà, senza alcun aiuto dal governo, dal comune, né da privati per fare e diffondere l’Hip Hop. Ci imbattiamo nella stigmatizzazione della cultura e nella carenza di spazi per organizzare eventi. I/le ragazz* che fanno parte della cultura Hip Hop vengono trattat* come delinquenti, in realtà molt* di loro non hanno avuto possibilità di studiare o di trovare un lavoro adatto alle proprie capacità. Se ci fossero più spazi per autoeducarci attraverso la cultura Hip Hop, di fatto molt* più giovani uscirebbero dalla delinquenza.

 

Oggi molte donne tornano a cavalcare l’idea del “girl power” come la moda del momento, spiegaci brevemente cosa significa per te Girl Power, nel palco ma soprattutto nella vita.. 
Credo che in un contesto come quello Guatemalteco il femminismo non sia una moda del momento, ma una necessità di sopravvivenza. Viviamo in uno dei paesi più violenti per le donne, con indici di femminicidio molto alti, molestie e violenze quotidiane che rendono l’essere donna e il corpo femminile un fattore di rischio. Capisco che per molte donne borghesi il “Girl Power” va di pari passo con i loro privilegi e per questo non approfondiscono temi come l’antirazzismo e il capitalismo che, legati al femminismo, porrebbero veramente fine a tutte le oppressioni che ci attraversano. Per me cantare e dare questi messaggi femministi o di potere delle donne è un’opportunità di far sapere a molte donne che non sono sole nelle loro lotte, che molte delle violenze che hanno vissuto hanno un nome e delle radici e che ci sono delle donne che stanno lavorando per porre fine alle oppressioni.

Che rapporto hai con i tuoi colleghi rapper in Guatemala?
E’ una relazione molto complicata. La maggior parte degli uomini della scena Hip Hop in Guatemala non ascolta la mia musica e non mi considera parte della cultura essendo io femminista. E’ complesso affrontare con loro le diverse violenze che viviamo in quanto donne e il fatto che dobbiamo creare nell’Hip Hop uno spazio sicuro per tutt*. Per noi è più difficile perché oltre allo stigma di far parte dell’Hip Hop dobbiamo superare gli ostacoli della vita quotidiana come donne. Ciò che noi donne abbiamo elaborato come strategia è unirci e lavorare assieme in diversi progetti per aver maggiore visibilità e per dare un’opportunità, soprattutto alle ragazze più giovani che si avvicinano alla cultura. Ora, dopo diversi anni di lavoro ci sono alcuni traguardi che abbiamo raggiunto come donne, ma abbiamo ancora tanto lavoro da fare.

Dopo la fine del tour europeo dove andrai? Tornerai a casa a lavorare su nuove cose o hai altri progetti che tireranno occupata in giro?
Dopo il tour in Europa rientrerò in Guatemala e ho già varie date in programma per presentare Obsidiana in altri paesi come Messico, Ecuador e USA. Ciò che mi emoziona molto è il tour di Somos Guerreras che faremo a novembre in Messico, assieme a Nakury e Audry Funk.

È la prima volta che vieni in Italia: cosa ti aspetti da questo tour? Hai già ascoltato qualche tuo colleg* italiano? C’e qualcuno con cui ti piacerebbe collaborare?
E’ la prima volta che vengo in Italia, sono rimasta molto sorpresa di essere già conosciuta, non lo immaginavo. Non conosco l’Hip Hop italiano, quindi imparerò.

Bell Hooks afferma che “la marginalità non rappresenta necessariamente un luogo di privazione… Può anche essere un ambito per la nascita di nuove possibilità di radicalizzazione, uno spazio di resistenza”… l’Hip Hop nasce anche dalla marginalizzazione di razza, così come lo stesso femminismo intersezionale, ma insieme faticano ancora a coesistere, con ancora margini e frontiere che sembrano invalicabili… cosa ti auguri per il futuro?
Credo che molte delle difficoltà di coesistenza tra Hip Hop e femminismo, siano l’effetto della mancanza di spazi di autoeducazione che affrontino  temi e dibattiti molte volte relegati in ambienti accademici e privilegiati. E’ necessario che il femminismo recuperi il suo carattere popolare, di periferia come la stessa Bell Hooks propone e che i compagni capiscano che questa lotta coinvolge anche loro.

Si ringrazia Sabina Borsoi per la traduzione.

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