“La madre Nera dentro ognuna di noi – la poeta – sussurra nei nostri sogni: sento, quindi posso essere libera. La poesia conia il linguaggio per esprimere e trasportare questa richiesta rivoluzionaria, la realizzazione di quella libertà (…) E dove quel linguaggio ancora non esiste, è la nostra poesia che aiuta a dargli forma. La poesia non è solo sogno o visione; essa è l’architettura portante delle nostre vite. Essa pone le fondamenta per un futuro di cambiamento, getta un ponte sulle nostre paure di ciò che non è mai esistito finora. [Audre Lorde – sorella outsider]
Akua Naru, con la sua spontaneità, raccoglie e fa tesoro dell’eredità storica del suo popolo, della storia delle afroamericane e della fatica per ogni singolo respiro di libertà strappato allo schiavismo ed al razzismo, la storia di Phillis Wheatley, Sojourner Truth, Susie King Taylor, Rosa Parks, Audre Lorde e tante altre… ne conosce il peso e la responsabilità di mantenerle vive. The Blackest Joy sembra quasi voler essere un omaggio a tutto questo, con queste sonorità jazz/nusoul, blues e con le sonorità native africane, a rappresentare un filo conduttore che attraverso l’Hip Hop esprime la sua sintesi. Il suo potente lirismo, il talento per la narrazione, la capacità di integrare le tradizioni orali nella sua musica e la sua prestazione sul palco, come una pantera affamata, in cerca di nutrimento, in cerca di nuove connessioni. La osservavo come cercava di abbattere ogni distanza, come cercava di creare una sintonia con il pubblico, non era solo ciò che diceva ma anche come lo diceva: i suoi occhi, il sorriso, i piedi scalzi, i movimenti… una forza propulsiva che si porta dentro, perchè “la libertà è una lotta costante”.. Keep going!
Benvenuta a Trieste, come è andato questo tour in Italia, come hai trovato il pubblico italiano e cosa ti lascerà questa esperienza?
Non ero mai stata in tour in Italia, non ero nemmeno mai stata in Italia a dirla tutta, soltanto a Milano e in Sardegna una volta, cinque anni fa. Ho sempre voluto visitare questo paese. È stata davvero una bella esperienza, moltissime persone sono venute ai live e non me lo aspettavo, mi è piaciuto molto. Avrei voluto avere più tempo, non per i concerti ma per visitare Venezia, Firenze, i luoghi di Romeo e Giulietta… potrei tornare per qualche giorno in futuro.
Quali sono le persone che, per la poesia, per la musica e per la politica ti hanno ispirata?
Mia madre, mia nonna, la mia bisnonna, la mia trisnonna e così via. Mi interesso molto della storia del mio popolo, soprattutto delle donne nere e delle loro lotte, quindi la mia prima fonte di ispirazione è il nostro spirito di sopravvivenza. La sofferenza delle nostre madri e il modo in cui hanno affrontato quelle esperienze, la felicità che hanno saputo trovare anche nel dolore, il loro essere rimaste capaci di amare, di ridere, di proteggerci, il modo in cui hanno espresso la loro bellezza, il loro rifiuto di arrendersi. Tutto ciò è estremamente politico e sono queste le persone che mi ispirano maggiormente, non le celebrità. Poi ovviamente ci sono anche personaggi famosi che ammiro: artiste come Nina Simone, la grande scrittrice Toni Morrison, Ursula Walker, Miriam Makeeba, Yaa Asantewaa, Fela Kuti, Patrice Lumumba, Bob Marley, Ava DuVernay, Lupita Nyong’o….
Sai mettere al centro della sua arte la cultura, la storia e la spiritualità afroamericana, riesci a portare tutto questo nei palchi in giro per il mondo con uno stile unico e coinvolgente, qual è stato il tuo percorso artistico e personale che ti ha portata fino a qui?
Potrei rispondere in molti modi. Per esempio, fin da piccola amavo leggere. Come diceva mia madre, nessuno mi ha mai imposto di leggere, ma ho sempre amato le parole, fin da quando avevo 3 o 4 anni. Ho sempre avuto questa passione innata per il linguaggio che mi ha portata a leggere, leggere di tutto. Principalmente Langston Hughes, Maya Angelou… l’ambiente in cui sono cresciuta era molto nero, nella mia scuola eravamo tutti neri e si dava molto spazio agli eroi e alle figure iconiche del nostro popolo. Leggevo anche Sylvia Plath, Walt Whitman, Emily Dickinson, tutti grandi scrittori americani, ma non riuscivo a trovare una connessione altrettanto forte con loro: mi identificavo di più con gli autori neri, con le persone di aspetto simile al mio. Dunque, ho cominciato leggendo, e poi dall’amore per le parole scritte dagli altri sono passata alla scrittura. Inizialmente scrivevo poesie, fin da piccola, poi ho cominciato a rappare. E quando rappavo gli altri impazzivano: mia mamma organizzava delle feste e invitava gente, e tutti pagavano un dollaro o giù di lì per sentirmi rappare. Con le mie cugine avevamo pure inventato delle coreografie. Sono cresciuta in un ambiente in cui non mi è mai mancato sostegno per queste cose, era normale, così col tempo è diventato parte della mia vita, ho viaggiato in molti posti diversi, e anche quando alla musica non ci pensavo proprio finiva sempre che in un modo o nell’altro conoscevo qualcuno che suonava, o che aveva una band… ed eccomi qua.
Spiegaci l’essenza del tuo soulmate, come può una donna far sbocciare la sua farfalla?
Io credo che quando veniamo al mondo siamo creature spirituali che assumono forma umana. Di solito parlo principalmente della condizione afroamericana, ma in verità l’essenza dell’essere umano va oltre tutto questo. Chiaramente abbiamo una nostra cultura, che ha un suo peso, ma lo spirito non ha confini, non ha limiti. E credo che ci siano parti di noi che, quando vengono al mondo, firmano un contratto. Prima che mia madre mi portasse in questo mondo, io ho detto “sono pronta ad andare, ho fatto la mia scelta, questa è mia madre e questo è mio padre, sarò una donna afroamericana, sarò un’artista”, tutte queste sono scelte che ho fatto e poi, in qualche modo, sono venuta al mondo. È come se avessi fatto un patto. Alcune persone, quando nascono, hanno un dono. E, nello stesso modo, ci sono persone che accettano, da contratto, di accompagnarci per una parte della nostra vita, di sostenerci e farci crescere, in nome di un bene superiore, di aiutarci a raggiungere lo scopo per il quale siamo venuti al mondo. Magari a vent’anni incontri qualcuno, e quell’incontro è potente, ti sconvolge, e l’interazione che hai con quella persona è una sorta di portale che si spalanca, e a quel punto avviene un cambiamento in te. Ma solo col senno di possiamo capire che ogni evento della nostra vita serve a prepararci agli eventi futuri. Quindi credo ci siano anime che vengono al mondo e sono legate da un patto, ed è fondamentale per queste persone trovarsi e costruire qualcosa insieme, qualcosa che era stato deciso da contratto prima che nascessimo. Soulmate è questo. Un soulmate può essere qualcuno con cui abbiamo una relazione sentimentale, o un membro della famiglia, possono essere relazioni di ogni genere. A volte durano per tutta la vita, altre volte sono rapporti estremamente difficili, non sempre è facile. Io la vedo così.
Il nuovo album The Blackest Joy, parla delle tue origini africane, cosa è per te il Black Power, o il tuo personale Black Power… Sei cresciuta in Connecticut New Haven, come ti ha influenzato personalmente la condizione di essere una donna afroamericana in un contesto in cui il razzismo è ancora presente?
In tutta onestà, l’America è il paese in cui il mio popolo è stato reso schiavo, quindi non mi sorprende affatto che Trump sia stato eletto. Da un lato mi rendo conto che le cose che dice sono fuori di testa, mi chiedo come faccia la gente a essere così stupida. Quell’uomo è la personificazione di quanto c’è di sbagliato al mondo. D’altro canto, parliamo dello stesso paese in cui Obama è stato presidente ma poco o nulla è cambiato per i neri. È sempre stato così, con Clinton, con Bush, con Reagan – e potrei continuare. Siamo sotto attacco, e questo non è cambiato. È un problema globale. E piú viaggio, piú mi rendo conto di come le persone di origine africana siano oppresse, ovunque, in tutto il mondo. Il razzismo è reale. Per molti di noi è una questione di vita o di morte.
Anche in Europa per le/ i migranti, ovunque…
Assolutamente, accade ovunque.
Se ancora negli anni novanta la musica Hip Hop era ancora capace di saper rappresentare la gente, sapeva raccontare le sofferenze o rivendicare una inaccettabile rassegnazione allo stato delle cose, cosa pensi della musica Hip Hop di oggi, quanto riesce a mantenere vivo questo spirito?
Sicuramente ci sono ancora molti artisti che parlano di attualità, di vita vera. Mi sembra che nel mainstream si voglia far passare un messaggio molto chiaro… al momento sempre più artisti mainstream parlano dei problemi delle comunità nere. Non so se sia solo la moda del momento e se l’anno prossimo le cose saranno diverse, davvero non saprei. Ma so che ci sono sempre state persone che hanno voluto raccontare le esperienze dei neri. Ci sono sempre state, nell’hip hop come in ogni altro genere musicale. Magari non si tratta sempre di artisti mainstream, perché alle multinazionali interessa il profitto e tutto ciò che mette in discussione il sistema risulta estremamente problematico.