Intervista ad AZ: “Sto alla larga dal quel business che succhia l’anima”

tempo di lettura: 5 minuti

AZSi chiama Anthony Cruz ed è uno che l’hip hop lo ha assimilato per davvero come stile di vita. Uno che si è “sempre basato sul rispetto” e che ha scelto di tenersi la sua personalità, senza vendere “ l’anima al diavolo”. “Thank you”, uscito qualche mese fa, è il singolo prodotto da DJ Doo Wop, che anticipa l’uscita del secondo volume di Doe or Die. Il primo, uscito nel 1995, è l’album che ci ha fatto conoscere un peso massimo che era già stato introdotto dal pezzo culto “Life is a bitch”, track che figura nel disco di esordio di Nas, Illmatic. Una lunga chiacchierata con AZ ci ha permesso di percepire dal vivo quello che oltre 20 anni di carriera hanno definito: un’attitudine hip hop al 100%. Non appena gli è stato accennato 5POINTZ, ha cambiato espressione. E sentito dal vivo, trasmette una carica esplosiva. Un live, reso possibile grazie a Soulfood Promotions e il csoa La Strada di Roma, che ha ripercorso tutti i suoi pezzi storici, accompagnato sul palco da un massiccio DJ Doo Wop.

Ciao Anthony, è davvero un piacere incontrarti. Intanto dimmi, visto che è la tua prima volta in questo Paese: ti piace l’Italia?
Si!…E’ che sono arrivato da poco e ho avuto non molto tempo per andarmene un po’ in giro! Spero davvero che il mio show di stasera andrà bene e che ottenga un sacco d’amore.

In un’intervista hai dichiarato che il tuo “difetto” è di non aver mai voluto/saputo modellare o adattare il tuo ego in relazione al mercato discografico. Sei stato uno di quelli che ha scelto di preservare stile ed attitudine allo stato puro. Il segreto?
Quando ho cominciato ad emergere nella scena, ero nuovo…avevo istinto ed energia a palate ed ho capito che la macchina – intesa come sistema – era efficente, ma succhiava pure la tua anima, i tuoi soldi. Ti “asciugava”, nel senso che esauriva pian piano la tua ricchezza interiore. Io mi sono sempre basato sul rispetto, sono cresciuto cosi, amo la musica. Così ho deciso di tenermi alla larga, indipendente da questa macchina che ti succhia l’anima.

Qual è la tua idea di “street credibility”?
Sai, significa molto ma ora è un termine che è diventato inflazionato: tutti vogliono essere “real”…ma credo che la musica abbia bisogno di ritornare al suo significato più profondo: lyrics, beats & performance. Spesso ci si focalizza sulla “cornice”, ma in realtà se non c’è la sostanza la cornice non significa niente. Quindi, per me vuol dire focalizzarsi sulla musica e fare un ottimo rap. Questa, secondo me, è credibilità.

C’è un palco che ti è più piaciuto calcare?
Wow, troppi! Sono in gioco da oltre 20 anni, sono andato in tour con Nas per “Illmatic” e…davvero: troppi concerti, troppa gente, troppi paesi, troppo amore!

E come vi siete conosciuti con Nas?
Avevamo degli amici in comune e ci hanno presentato…il resto è Storia!

Cosa hai provato a vedere il 5pointz imbiancato?
Oh my God. Proprio quest’anno ci avevo girato il videoclip di “Thank you”, il pezzo che anticipa il mio nuovo lavoro. Che dire…è Storia. Così tanta cultura, arte, amore, meravigliosi graffiti erano li. E’ cultura, è hip hop. Anzi era. E’ molto triste.

Pensi che si riuscirà a ricreare “un altro 5pointz” in futuro?
E’ difficile ricreare. Voglio dire, è come se si dovesse ricreare un altro Tupac, un altro Biggie. C’era così tanto amore in quel posto che un duplicato sarebbe solo un “duplicato”.

Questa cosa che dici del “duplicato” mi hai fatto subito pensare all’usanza che in particolare in questo decennio molti nell’hip hop hanno adottato. Ricalcare, rifarsi ad uno stile, emulare. E’ l’originalità che manca. Che cosa ne pensi?
Si è così. Gira tutto intorno ai soldi. Non c’è più la voglia di essere autentici o di coltivare una passione. E il grande business è sempre più avido. Il mercato controlla tutto.

E’ possibile campare di hip hop senza modellarsi eccessivamente al mercato?
Normale che devi vivere, devi dare da mangiare alla tua famiglia, ma la maggior parte delle persone vuole i soldi, stop. L’amore per la cultura è una parte piccolissima. E’ stato creato tutto in questa maniera, qualsiasi business si basa sul fare soldi e mantenere la famiglia. E preservare il vero hip hop… spero che duri per sempre, ma solo poche persone, piccoli gruppi, mostrano vero amore per questo.

In questo momento sono abbastanza legate le discipline in America?
Per come la vedo, è tutto connesso, qualsiasi cosa. I graffiti non troppo, ma abbiamo avuto 5 pointz che è stato il punto di partenza dell’ hip hop, cosi come la breakdance che è stata la partenza anche se ormai non sono più tanti che fanno breakdance. Per lo più ora è soprattutto musica, è hip hop. E c’è uno scontro tra troppa musica e la strada che ha portato lontano dal concetto di artista della strada.

Cosa pensi della attuale scena underground newyorchese?
E’ buona! Abbiamo Joey Bada$$, Uncle Murda…Voglio dire, l’ hip hop sta resistendo, con fiducia passeremo anche attraverso questa fase e si tornerà ad una situazione migliore.

C’è qualcosa che avresti voluto ti venisse domandata in un’intervista ma non ti hanno mai chiesta?
Onestamente non mi piacciono le interviste! (ride) Amo l’hip hop, amo la mia musica, ma le interviste non mi vanno a genio. E’ che mi sento un po’ limitato, perché alcune volte viene interpretato in altri modi quello che dici, o viene soffocato il significato che avresti voluto dare ad una tua affermazione…

Ok, quindi a questo punto fatti una domanda e datti una risposta 🙂
Ok. L’ hip hop è uno stile di vita?
Sono nato nell’hip hop e nella musica, è cultura, uno stile di vita. Riguarda la moda, il modo in cui ti esprimi…E’ la mia vita. E mi piace metterlo su un bel disco, e fare costantemente nuovi lavori. Ecco perché ho nove album fuori ad oggi e sto cercando di chiudere il decimo. Semplicemente perché amo la musica, mi dedico alla musica.

Hai visto the art of Rap? Se sì, cosa ne pensi?
AZ
Si l’ho visto. Posso dire che ognuno ha una percezione diversa. Credo che il rap sia come un corpo umano, composto da parti differenti: gambe, braccia, testa etc. ma che convergono in un unico mood. E’ stato un ottimo lavoro, penso che appunto per questo ci sia bisogno di una seconda parte, c’è molta gente che ha molte cose buone da dire, ma mi è piaciuto. E’ stato un buon lavoro.

Quali sono i tuoi impegni in agenda per il prossimo futuro?
Sto cercando di far uscire presto il volume due di “Doe or die”. Dopo quasi vent’anni dal primo (1995) sono ancora in giro, ed è figo. Credo sia bello che esca il vol. II. Sono orgoglioso di me stesso, di essere qui da cosi a lungo.

Ti ricordi un aneddoto in riguardo alla tua carriera?
Una volta sono rimasto per quattro ore nell’ascensore. Per me è stato traumatizzante, perché ogni volta che devo salire ad un piano alto con l’ascensore mi ricordo di quell’episodio. L’ho vissuto due volte, prima nella vita privata e poi nell’ambito della musica. Poi avrai presente quanto sono alti i palazzi a New York…mentre andavo ad un meeting importante sono rimasto bloccato dentro l’ascensore per parecchie ore di nuovo. E lì provavo a non pensarci ma non potevo fare altro che ripetermi: “Sono fregato!”… Insomma ho l’ansia da ascensore.

Quando scrivi a che ti ispiri?
Alla vita. Alla mia gente, tra cui persone vive, morte o che sono in carcere. Ai miei amici. Queste sono le mie fonti di ispirazione!

Very hardcore. Anthony ti ringraziamo per la gentile disponibilità e ti aspettiamo con furore di nuovo in Italia per l’uscita di Doe or Die 2!
Grazie a voi, spero anch’io di tornare presto. Spingete l’hip hop. Peace

 

di Eleonora Pochi

 

Previous Story

BEAT, il nuovo progetto/mix del LatobesodelaFazenda

Next Story

Killa Cali, il suo secondo album “Ottobre”