Dargen D’Amico – CD’

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“CD’” è, appunto, la versione in cd di “D’”, che messa così sembra un gioco di parole, e invece è il terzo disco di Dargen D’Amico, uscito inizialmente in due parti, disponibili solo su iTunes. Tralasciando la copertina un po’ da hipster, il contenuto è praticamente il medesimo con l’aggiunta di quattro inediti e senza “Prendi per mano D’Amico”, a dire il vero piuttosto trascurabile. Lo recensisco oggi perché non l’ho fatto lo scorso anno, e perché comunque mi faceva piacere riascoltare attentamente uno dei dischi che più ho amato nel 2010, soprattutto la prima parte.

Dargen D’Amico, ma immagino già lo sappiate, è uno dei migliori rapper italiani di sempre, e di certo uno dei tre fondamentali degli Anni Zero, assieme a Fabri Fibra e Club Dogo. “CD’” – o forse dovremmo dire “D’”, ancora non ho capito – si inscrive all’interno di un percorso musicale che ha dell’incredibile, iniziato prima assieme a Gué e Jake nelle Sacre Scuole, e proseguito poi da solista con due album clamorosi quali “Musica Senza Musicisti”, astratto e provocatorio, e “Di Vizi Di Forma Virtù”, melodico e iridescente. Il suo è un rhyming originalissimo, che lavora su tutte le dimensioni della voce e che sfrutta ogni angolo possibile delle sillabe, che poi messe assieme vanno a costruire testi poetici e immaginifici sempre in bilico tra il serio e il faceto. “CD’” è l’album che più deforma l’immaginario Pop di D’Amico attraverso tecniche già sfruttate in passato ma qui portate a pura forma. “Bere una cosa”, con la sua coda in autotune snaturata, “Malpensandoti”, con il suo climax melodico e iperreale, “Anche se il mondo ha”, con il suo nucleo verticale e intenso, “D’ cuore”, con il suo vocoder plastico e artefatto. La sua idea, credo, è quella di riferirsi tanto all’hic et nunc dell’hip hop italiano quanto alla storia della canzone italiana nel suo complesso, in un’ottica che sfrutta lo strumento rap per poi aprirsi un varco all’interno di essa, lavorando però non tanto sulla rima impegnata e retorica, vedi ad esempio un Caparezza, ma piuttosto sull’intensità e sulla forma.

Altre tracce imperdibili, qui sul versante più trash (ma altrettanto significativo) della musica di JD, sono “Van Damme (Saddam)”, hip-house masochista; “Ma dove vai”, rap-karaoke da villaggio vacanze; “Odio volare”, romanticismo da cassetta con Daniele Vit; e “Mi piacciono le donne”, hitmaniadance con i Crookers. Sempre su questo versante si inserisce anche “Orga(ni)smo (Uni)cellulare”, il migliore degli inediti, una sorta di reggaettino plastificato e ridicolo, a mio avviso uno dei pezzi più divertenti usciti ultimamente. Buone anche “Brano senza titolo”, con una grande strofa di Ghemon (“Divido la mia vita in ere pre-post Gianluca Vialli” ), e “Gocce di cielo”, sullo stile di “Musica Senza Musicisti”. Se vi siete persi “D’ Prima Parte” e “D’ Seconda Parte” è il momento di recuperare. Può anche non piacervi, ma Dargen D’Amico è uno dei pochi veri artisti della scena hip hop italiana, quindi va ascoltato a priori, anche solo per poter dire “non mi piace”. Filippo Papetti

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