Parlare di Hip Hop arabo implica affrontare un contesto storico e sociale che va prima di tutto conosciuto e compreso per coglierne le specificità locali. L’esigenza di scrivere dell’Hip Hop dalla costa sud del Mediterraneo nasce dal bisogno di dare un senso effettivo a quello che definiamo “movimento globale”. Ma se è vero che l’Hip Hop è un movimento globale e constatiamo che si esprime in ogni angolo del pianeta, con le sue infinite sfaccettature ed interpretazioni, è anche vero che ciò che va al di fuori del mondo occidentale ci è quasi sempre sconosciuto. Nell’attuale contesto storico di internazionalizzazione delle informazioni, sembra che alcune cose abbiamo più difficoltà ad attraversare i confini. La causa è certamente legata anche alla barriera linguistica, ma certamente non si può ignorare la questione delle egemonie culturali. Ma, di nuovo, se l’Hip Hop è un movimento globale, è importante scoprire proprio cosa lo ha reso tale.
L’HipHop nel Nord Africa inizia come dappertutto: autogestione ed improvvisazione. In assenza di TV satellitari ed internet tutto è più difficile da raggiungere. Si doveva attendere il cugino o l’amico emograto di ritorno dall’Europa o dall’America con le cassette di musica Rap, copiarle e poi studiarle. Il rap arabo mescola fortemente parole, poesie e canto e i suoi interpreti sono riusciti, a modo loro, a legare la musica rap con l’identità dei luoghi e dei contesti sociali che vivono. La parola in Medio Oriente e nel Maghreb, come d’altronde anche nel rap, ha carattere perentorio. La poesia e le parole in rima, o comunque messe in ritmo, hanno sempre fatto parte del patrimonio culturale arabo fin dai tempi della Jahilija (periodo pre-islamico 500d.C. Circa). In questo periodo venivano prodotti testi talvolta anche molto lunghi in forma di poesia, dotati già allora di una metrica e di un certo rigore stilistico: una struttura fissa contenente una serie di tematiche veniva musicata sfruttando una caratteristica tipica della lingua araba, ovvero la sua musicalità intrinseca, dovuta allo scontro tra sillabe lunghe e sillabe brevi, come ad esempio accade nelle Mu’allaqat.
Il poeta aveva la funzione di portavoce della comunità, contribuendo a sviluppare una cultura popolare e la sua tradizione orale. La musicalità è rimasta come forte caratteristica della cultura arabo-islamica, adattandosi di volta in volta ai periodi storici che l’hanno animata e riempita di valore comune.
MAROCCO:
Nei primi anni ’80 i primi bboy iniziano ad incontrarsi nel centro del Yasmina Park a Casablanca, un parco che diventerà un punto di riferimento di quell’epoca: qui ballavano attorno a suoni come Rock it Herbie Hancock. La trasgressione del corpo ha preceduto e poi accompagnato la musica. Prima dei blaster o dei walkman, erano soprattutto i vestiti e le tute ad affascinare: l’esigenza era riconoscersi per conoscersi. La democratizzazione del Hi-Fi e dei music player ha poi permesso la grande circolazione di album e mixtape. Gli MC potevano finalmente esprimere le loro rime, bastava un PC e dei software scaricabili gratuitamente. Nella vecchia Medina, sul lato della strada commerciale di Bab Jdid, i rapper si riuniscono, discutono degli ultimi successi rap americani e la prossima battle da organizzare in spazi artistici come il CAGE.
Tra rappers, Dj’s e bboys, quel quartiere del centro di Casablanca ospita decine di artisti. I primi pionieri sono gente come Dj Key, Dj Abdel o Dj Khaled, ma è Dj Van che introdurrà ufficialmente il concetto di produzione. Double A è il primo gruppo marocchino ad aver lanciato un album sul mercato nel 1996, i Rap2Top, Thug Gang, Masta Flow e l7a9ed(conosciuto anche per essere stato in carcere a causa dei suoi testi che criticavano il sistema di corruzione marocchino) segneranno la generazione verso la fine dei ’90, H-Kayne e Fnaire imporranno uno stile che influenzerà il movimento intero.
La sfida era quella di assorbire da fuori e ricreare qualcosa di originale, considerando le restrizioni che il Nord Africa subiva, e continua a subire. Poi ci fu, nel 1999, il primo Festival che spingerà l’HipHop fuori dal quartiere: è l’anno di nascita del Boulevard, ovvero la grande possibilità per tanti di esibirsi in un evento ufficiale. All’epoca i rapper si esprimevano usando anche la lingua americana o francese, ma l’uso della Darija resta il prediletto.
La Darija è un linguaggio poetico urbano che attinge dal substrato di Amazight integrando l’arabo e le lingue occidentali: è quello che viene comunemente definito “dialetto marocchino”, che si distingue dall’arabo standard. I giovani non si riconoscono nel linguaggio preformattato della TV nazionale, tutti hanno in comune l’uso del Darija, la lingua meticcia della strada, quella della vita di tutti i giorni che racchiude al suo interno secoli di storia. L’anno 2000 è dunque il momento della nascita del Rap in darija ed è anche l’anno dell’uscita di “3awd Lil” di Raw Daw, un pezzo che farà scuola.
Sarà l’inizio di un movimento in continua evoluzione che attraversa le capitali del Nord Africa e cerca una riappropriazione di un’identità comune a lungo repressa. Il primo ostacolo che l’HipHop dovrà affrontare è la mentalità comune. La gente è abituata e limitata alle sole sonorità arabe e sarà molto difficile trovare una legittimità nella società, come d’altronde ovunque, ma in particolar modo nel mondo arabo, isolato e scottato dal passato coloniale. In un contesto post-coloniale, il Rap diventerà una trasmissione di conoscenze, uno strumento di sopravvivenza e di prevenzione alla delinquenza in paesi che non offrono strutture o progetti per giovani. In Marocco questi sono gli anni dell’alternanza politica: c’è il ritorno degli oppositori politici, l’apertura dei media nella consapevolezza che l’ombra della censura è ancora presente. I rapper rivendicano messaggi di protesta politica, non intendono più nascondere i problemi. Temi che appaiono di frequente sono: l’ingiustizia sociale, le periferie abbandonate, la corruzione, l’umiliazione subita dallo stato, la disoccupazione, l’emigrazione. Altri testi trattano della guerra in Iraq, dell’egemonia americana, della solidarietà al popolo palestinese e dell’Islam. Dopo gli attacchi del 16 maggio 2003, a Casablanca in particolare, il Rap inizia a vivere la sua massima espressione con figure come: Bigg, Muslim, H-Kayne, Casacrew.
Sono rapper che operano al di fuori del sistema di produzione convenzionale e sfruttano ogni occasione viene data a loro. Internet rende questa musica ampiamente disponibile ed i giovani ovviamente la usano al meglio. E’ una rivoluzione che nessuno può controllare, una nuova opportunità per poter parlare, per potersi esprimere liberamente e questo giustifica la scarsissima presenza in radio e TV. Solo Hit Radio dà spazio al genere, seppur evitando i pezzi più hardcore e di contestazione politica. Il rap che dà al testo un carattere di rilievo diventa il mezzo ideale, riesce a sfidare un intero sistema. Con ogni mezzo necessario, tra cui il rap, i rapper marocchini, come tutti i giovani di questo paese, vogliono che le cose cambino, per non dover migrare, per disperazione, per vivere con dignità. I rapper hanno perlopiù meno di 25 anni e sfidano apertamente una torbida realtà sociale, oltrechè politiche sterili. E’ dai tempi di Nass El Ghiwane che non si sentivano più messaggi sovversivi portati dalla musica.
Il riferimento esplicito al mitico gruppo lo farà il Bigg, con il suo album Mgharba tal Mout (marocchino fin la morte) pubblicato nel 2005, contenente grandi successi come Bladi Blad, in cui rende omaggio al noto gruppo citando il famoso passaggio in cui dicevano “iacht debbana flebtana”.
Questi citati fino ad ora sono i rapper che hanno lottato per far emergere la cultura Hip Hop, grazie al quale la nuova generazione di artisti adesso può incendiare i festival in tutto il paese e spesso collaborare con artisti francesi. Qui sotto sono citati invece alcuni tra gli artisti più influenti oggi della nuova generazione:
7ARI – Rabat
Artista eclettico, rapper ma al contempo rocker, cantante R&B e chitarrista. Dal suo primo singolo “Ma3andkom Madiro” (non avete nulla da fare) uscito nel 2012 fino alla recente “Next Level” prodotta da Lartiste
SHAYFEEN – Safi
Il gruppo composto da Small X e Shobee si è formato nel 2012 e da allora è stato un vero successo con brani come “Bzzaf”(troppo)
DIZZI DROS – Casablanca
Giovane rapper in ascesa che ha rivoluzionato la scena marocchina e vanta svariate collaborazioni internazionali. Nel 2016, con il rapper Komy, ha diretto un remix del pezzo di “Fat Joe – All the way up” che da allora è diventata il pezzo rap più visto su youtube.
KOMY – Rabat
Il suo stile è risolutamente rivolto verso gli Stati Uniti. Il suo primo album “Sociologie” diventa un successo immediato. Affrontando una visione critica dei problemi sociali, il rapper fornisce un’analisi sociale della realtà marocchina.
Ringrazio per il preziosissimo aiuto Reda Zine e le sue fonti storiche http://www.academia.edu/23772046/Hip_Hop_Maghrebi