Siamo nel 2017, lontani dai ghettoblaster in spalla e le jam da quattro gatti. Negli anni Roma ha visto nascere e morire tante crew, tanti “rapper”, tanti ragazzini che pensavano al rap come una strada per “svoltare”. Anche l’hip hop qui a Roma si è trasformato con la città. Quasi tutto cambia, con il tempo. Se si pensa al rap, però, ci sono una manciata di nomi che hanno tenuto stretto il rap alle radici, all’hip hop. I Colle Der Fomento, ovviamente, che in formula “Good Old Boys” assieme a Kaos e Dj Craim continuano ad infuocare i microfoni di tutta Italia. Parecchi anni fa, parlando con Craim, mi disse “secondo te perché i Colle son stati così sottovalutati dalla ‘stampa di settore’ ?”. Ancora sto cercando una risposta. E da questa domanda, però, ho imparato qualcosa. Non c’è una stampa di settore, ci sono portali e siti in cui gente esprime i propri pareri su dischi e artisti, spesso in maniera impropria. La gran parte delle interviste ripete dei standard obsoleti di comunicazione, si tende a dare spazio ad artisti che hanno dai 5000 like in su perché almeno il post della recensione/intervista sarà condiviso di più rispetto ad un articolo su un MC che magari ascoltano in cuffia ma che ha meno popolarità.
Questa “stampa di settore” non si sforza molto di far trasparire il concetto di “hip hop”, modellandosi ai tempi, anch’essa.
Quindi, ricapitolando, Roma: Colle der Fomento, certo, ma anche Brokenspeakers. I primi anni dei Brokenspeakers erano i primi anni in cui cominciai a scrivere per Moodmagazine e ricordo quindi bene e più da vicino, rispetto ai Colle, quella “sottovalutazione” di cui parlava Dj Craim.
La svogliatezza di questa “stampa di settore”, continua fino ad oggi. Chi lo avrebbe mai detto che nel 2017 ci saremmo ritrovati con Caporosso che promuove Low Low in televisione? Non me la sento neanche di chiamarla sconfitta, direi che sia più un adeguarsi alla mediocrità odierna. Fortunatamente a Roma, oggi, c’è Lucci coi suoi. Quante sono le crew in Italia a cui dei writers dedicano una murata?
Parliamo di Lucci, parliamo di hardcore. Parliamo di uno che stacca dal suo turno al bar e sale sul palco per essere il King. Dei rapper della sua generazione lui è il king. Ce ne sono di bravi, ok, ma Lucci è completo. Non gli manca niente, a parte i capelli. Sa fare emozionare la gente, sa maneggiare le emozioni: rabbia, felicità, tristezza, cazzeggio, etc. Ed è sicuro di quello che fa, perché negli anni ci ha messo anima, cuore e cervello sul rap.
Allora, nel 2017, è ancora possibile vedere un MC che live è “quasi meglio del disco”. Un King, originale, classico.