La roulette delle due domande questa volta si è fermata su Brain(MC, bolognese).
Mi domando, perché continuo a farlo?
Penso che il dramma di ogni uomo che fa musica è il non saper risponder a questa domanda. Io lavoro da mattina a sera tutti i giorni, torno a casa e sto con la mia bambina fino a che va a letto, sto con mia moglie. Ma in tutto questo appena ho un minuto, appena sono da solo, appena sento un beat andare, penso alle rime. C’è una magia che si genera ogni volta e che è inspiegabile per chi la prova. Una roba che inizia quando prendi la penna in mano e finisce quando sei al quarantesimo riascolto di un pezzo appena registrato. Poi questa magia fa succedere diverse cose altrettanto belle, come conoscere un sacco di gente che ha la tua stessa “dipendenza”, con cui passi serate assurde a parlare solo e unicamente di musica. Ti fa scontrare ed incontrare con altri, ti fa sentire di essere capito quando fai i palchi, ti fa emozionare tremendamente quando senti il master di un disco che magari è il frutto di un anno e mezzo di lavoro. Ti fa raccontare la tua vita e a distanza di tempo riascoltandoti è lei che pian piano te la racconta. Come farne a meno…
A questo punto mi viene da chiedermi: quali sono i miei limiti?
Il mio peggior difetto è essere permaloso, ma anche scontroso, dicendo spesso, senza troppi fronzoli, quel che penso.Senza esser troppo diplomatico. In due parole, uno stronzo. Ahahah! A volte credo che girare attorno alle cose, o farsele andar bene per forza equivale a non ottenere niente. E’ una perdita di tempo clamorosa. Nella mia vita il tempo è un fattore decisivo, lo sento sempre fuggire, ho sempre qualcosa da fare, e sono costantemente in ritardo. Certo, ci vorrebbe una via di mezzo in tutto, che poi in fondo credo sia quel che cerchiamo un po’ tutti. Probabilmente il mio limite più grosso è proprio quello di non aver questa via di mezzo. Nella vita come nella musica…per citare un grande della mia città: “O stai con me, o contro di me”.