Al carcere minorile di Casal del Marmo l’hip hop ha significato molto per i ragazzi. Lo dimostra il grande riscontro positivo del progetto “Muri di pace” dell’Associazione Elios che, nel 2004, con Rap, breakdance e graffiti per due volte la settimana riempiva le giornate di molti di loro.
Occorre una parentesi di riflessione. La realtà delle carceri minorili racchiude una verità che, tutto sommato, è meglio non vedere e chiudere a chiave in un posto dalle mura alte abbastanza da nascondere una “vergogna per la società”. Capire chi è il “minore in carcere” è senza dubbio fondamentale. Il cuore della questione è che la segregazione del minore non risolve il problema alla radice. Un ragazzino compie un qualsiasi genere di reato penale non perché è nato così. Si tratta di devianza sociale, atteggiamenti che violano e rifiutano norme sociali, assunti da giovani “a rischio”, ossia privi di risorse necessarie per far fronte a condizioni di vita difficili. Ci sono molte teorie che si occupano di spiegare le cause della devianza giovanile, alcune affermano che il comportamento antisociale derivi da un contesto familiare e un gruppo dei pari(coetanei) che non sono riusciti a garantire al giovane la possibilità di instaurare legami positivi, altre individuano le cause nella struttura sociale.
Molti studiosi affermano che la prevenzione della devianza deve essere rivolta anzitutto agli adulti, ponendo l’accento sul fatto che la devianza non è un comportamento che rappresenta una scelta fallimentare dell’adolescente. Il minore ha scelto di perseguire la strada della delinquenza, poiché quella gli è sembrata la strada migliore per la costruzione del proprio ego. Qui, il fallimento è uno solo. Degli adulti e della società nel complesso. Ai giovani detenuti, manca quel supporto sociale utile a smorzare quelle convinzioni che hanno portato il minore a delinquere. Magari indirizzandolo verso la conoscenza o riscoperta di lati di loro stessi, più o meno volontariamente repressi. Nei dodici mila metri del carcere minorile di Casal del Marmo, a Roma, ci sono giovani volontari, psicologi e animatori sociali che quotidianamente cercano di fare proprio questo. Ma è molto complicato. Anzitutto perché la segregazione non stimola mai al miglioramento, anzi talvolta può innescare una vera e propria scolarizzazione alla delinquenza. Alcuni di loro, tentano il suicidio stringendosi al collo qualsiasi cosa sia a loro disposizione. In certi casi, l’elasticità della lana o la ruvidità di un laccio, salvano le loro vite.
Tra le attività della mattina, nell’istituto penale minorile, ci sono laboratori di sartoria o di disegno. Molto di rado, capita che qualche band chieda di esibirsi all’interno del carcere, per tentare di portare quella manciata di minuti di distrazione ai piccoli, attraverso la musica, tentare di portarli lontano da quel posto di sbarre, cemento e filo spinato. Qualche settimana fa, una ventata di rap è arrivata sul palco della “palazzina attività”, facendo riassaporare quell’atmosfera hip hop che ha incoraggiato e incoraggia molti ragazzi confinati lì dentro. Si sono esibiti alcuni dei membri dei Brokenspeakers (Lucci, Nicco e Franz), dei Cor Veleno (Primo e Squarta), Duke Montana e Sick Luke.