Videomind è il nuovo trio composto da Tayone, Clementino e Paura: un tempo esponenti dell’hip hop napoletano più radicale, ora fautori di un genere che sta a metà tra il rap-generalismo e i party electro anni Zero. Un cambiamento non da poco, se guardiamo il passato, che comunque ha permesso loro di togliersi un bel po’ di soddisfazioni, anche grazie ad un tour che li ha portati in giro per tutta l’Italia.
Alla fine di dicembre, com’è d’uopo, li abbiamo inseriti tra le opzioni per la scelta del Disco dell’anno fatta dai lettori. Ci hanno chiamato per chiederci di togliere l’album dalle possibilità, in quanto non “esclusivamente” hip hop. Abbiamo deciso di intervistarli per chiedergli il perché di questa decisione.
Avevamo inserito il vostro album nella lista per la scelta del Disco dell’anno fatta dai lettori. Ci avete chiamato per toglierlo: come mai?
Ci sembrava fuori luogo come collocazione. Voi vi occupate esclusivamente di hip hop e gli altri dischi erano tutti album squisitamente hip hop. Il nostro progetto parte dal hip hop per spaziare in altri generi e abbiamo interesse ad essere accettati come qualcosa di differente nel panorama del rap italiano. Panorama che per certi aspetti è molto chiuso in se stesso e alle volte poco attento al rinnovamento, senza nulla togliere al rispetto che nutriamo per tutta la scena e per la musica rap più canonica, da cui proveniamo e che non smetteremo mai di amare, fare e supportare. La richiesta, che ci teniamo a sottolineare è stata fatta con il tono più gentile possibile, è solo frutto di questo nostro modo di vedere la faccenda. Anzi, come prima cosa abbiamo specificato che gli elogi che ci avete riservato, sia quando è uscito il primo singolo che dopo l’uscita dell’album, sono stati per noi molto graditi. Siamo felici che supportiate il progetto.
Avete detto che il vostro non è un disco “esclusivamente” hip hop e quindi non aveva senso inserirlo in una classifica per il miglior disco hip hop. A che pro queste distinzioni?
Noi veniamo dall’hip hop e respiriamo hip hop dalla sera alla mattina, ma chi fa un genere non deve per forza rimanergli vincolato. Un progetto come “Jazzmatazz” di Guru, per esempio, non si può dire né che sia esclusivamente hip hop né che sia esclusivamente jazz. Ma è un bel progetto. Con Videomind più che a lavorare per spaccare come rappers e dj abbiamo avuto un obiettivo diverso. La finalità era fare la musica più figa che fosse nelle nostre capacità, dare fondo a tutta la nostra creatività e maturità artistica senza alcun tipo di restrizione. senza preoccuparci di muoverci in un ambito preciso. Non so se è un obbiettivo che dobbiamo ancora raggiungere, ma stiamo continuando a lavorare e siamo molto soddisfatti delle creature partorite finora. Forse abbiamo intrapreso questo cammino proprio perché come rappers e dj avevamo poco da dover dimostrare ancora a noi stessi. Diciamo che, per quel che riguarda il microcosmo del hip hop italiano, singolarmente ci siamo presi belle soddisfazioni nelle nostre carriere. Anzi, Tayone ha messo qualche bella bandierina anche all’estero! Ma la crescita artistica, per noi, è anche intraprendere nuove sfide. Sono pochi quelli che hanno il coraggio di tentare strade poco battute, con tutti i rischi che comportano. Semplicemente, forti delle nostre esperienze, ci sentivamo pronti a colpire anche altre fasce di utenza.
Detto questo, come sta andando l’album?
Se consideriamo il numero di live che ci chiamano a fare, pensiamo che stia andando oltre le nostre più rosee aspettative. Nell’ultimo anno abbiamo fatto quasi 50 concerti, e crediamo che per una formazione nuova come la nostra questo sia un risultato super, considerando soprattutto i cachet con cui riusciamo a proporci. Abbiamo avuto la fortuna di suonare in alcuni dei club più belli d’Italia ed in festival prestigiosi. Per le vendite, come sapete, i rendiconto arrivano dopo sei mesi e l’album è uscito da meno di quattro. Ma considerati i riordini che il distributore ha fatto all’etichetta direi che sta andando alla grande anche sotto quel versante. Ad ogni modo in tanti ci hanno confessato di aver scaricato l’album, non proprio legalmente, ma di averlo trovato così piacevole da indurli all’acquisto del Cd.
Siete passati dal muovervi in un territorio prettamente underground e sperimentale, alla ricerca verso un tipo di comunicazione rivolta ad un pubblico più generalista. Com’è avvenuto questo cambiamento?
Per certi aspetti la vera sperimentazione è quella che stiamo facendo ora. Le dinamiche compositive del rap più tradizionale sono molto più semplici di quelle di Videomind, Paura e Clementino si sono dedicati, oltre che al rap, a scrivere delle melodie. Per esempio le bellissime parti cantate, interpretate da Patrick (Benifei, dei Casino Royale ndr), le abbiamo scritte noi, come anche tutte le altre del disco. Anche nei rap abbiamo cercato delle formule melodiche: Clementino di solito va allo studio di Paura con la chitarra, per intenderci! Anche l’approccio è differente. Poi, per le musiche, la differenza la si nota subito, c’è molto lavoro attorno ad un groove Videomind, dalla scelta dei suoni agli arrangiamenti. Per non parlare degli esperimenti che abbiamo fatto con il talk box e con i vari strumentisti. C’è una ricerca qualitativa che fino a prima di Videomind non facevamo e anche nelle fasi di mixaggio e mastering abbiamo cercato il top. Un grazie quindi va a NightSkinny, che oltre ad essere il nostro ingegnere del suono ufficiale è anche uno dei nostri più grandi fan. Anche usare un linguaggio meno ermetico e di nicchia, poi, è stata una scelta ben precisa. Analizzando la storia del rap abbiamo capito che l’esplosione mondiale del fenomeno, negli anni 80, era merito anche del linguaggio diretto, il rap, all’epoca, parlava a tutti, non solo agli appassionati del rap stesso. Quindi abbiamo pensato di esprimerci come se parlassimo ai nostri amici che non sanno nulla del hip hop e del rap. In parte credo che ci siamo riusciti. In decine ci hanno scritto frasi del tipo “anche mia madre canta i vostri pezzi”. Volevamo un linguaggio “popolare”, nella migliore accezione del termine.
E qual’è stata la reazione del vostro pubblico? Intendo quello che vi segue da più tempo?
E’ stata ottima! I nostri fan storici, soprattutto quelli con la mente più aperta, ci hanno supportato fin da subito. Qualcun altro, che all’inizio era titubante, l’abbiamo conquistato sulla distanza, e in generale di fan ne abbiamo persi pochissimi. In tempi non sospetti un nostro amico giornalista aveva profetizzato: “perderete solo i peggiori, quindi sarà come guadagnare!”. Il dato che però ci riempie di gioia maggiormente sono i tantissimi fan nuovi. Abbiamo avuto una impennata sotto questo aspetto. Poi conosciamo bene i nostri prodotti. Sappiamo che sono più mirati a chi gli piace usare la musica come momento d’evasione, la nostra musica è per i presi bene dalla vita! Gli integralisti e i nostalgici ci interessano poco, sono due categorie che tendono a tagliare le ali all’evoluzione musicale. Anche nei live portiamo avanti questa filosofia e la formula ci sta dando ragione. Basta andare su youtube e cercare qualche video delle nostre performance. Trasformiamo i nostri concerti in dei veri e propri party old school style, condividiamo in tutto e per tutto questo pensiero di Kurtis Blow: “The Old School is all about having fun and a good time in a place to be. REAL old school hiphop is about HAVING FUN. And GOOD TIMES.”
Filippo Papetti