16 Barre | A volte parlano | Autoproduzione
Devo dire la verità, questo disco mi ha colpito per una caratteristica ben precisa: l’aggressività. Ce n’è davvero a palate tanto che sembra di essere di fronte ad un album dei Gravediggaz. Rabbia riversata in rap. Rap come sfogo, denuncia urlata in faccia al prossimo, a chi non ascolta. I 16 barre non si nascondo dietro a troppi gire di parole, sono incazzati come chi viene dal basso (Assurdo, Dal Basso, Nell’inferno), a volte quasi troppo, tanto da incorrere in facili stereotipi. Traccia dopo traccia quest’attitudine quasi metal non perde mordente, tanto che viene il dubbio che si tratti più che altro di una scelta stilistica, condivisibile o meno. Di certo un disco che fatica a passare inosservato vista la grinta di ogni mc. Le basi non brillano per inventiva ed i loops a volte finiscono per annoiare (Nuovo Ordine Mondiale, Nodi in Gola) ma sono certamente funzionali all’andamento dei pezzi e al rapping degli mc. Non c’è molta originalità negli argomenti, spesso incentrati sulla scena hiphop o sulle proprie “basse” origini, e questa è forse la nota più dolente di un album comunque curato nei suoni e nel concept stesso.
I 16 barre comunque danno l’impressione di rendere sicuramente di più in fase live che su disco. Tutta questa energia, ancorché negativa, ci sta stretta in album da cameretta. Ho l’impressione infatti che il loro habitat naturale sia più il palco che lo studio. Tuttavia, se vi piace il rap cattivo, hardcore, sporco, questo è sicuramente il disco che fa per voi. Astenersi cuori deboli. Luca “Psycho” Mich