Il rap sul palco della Lega Nord

tempo di lettura: 2 minuti

rap lega nordEsiste la libertà di espressione, così com’è vero che il ruolo dell’arte è decisamente super partes rispetto qualsiasi ideologia. E l’hip hop, fin dalle origini, non è mai stato super partes. Proprio perché non è solo una forma d’arte ma è un movimento culturale. I primi accenni di rap risalgono addirittura all’epoca della tratta degli schiavi, passando per le rivolte di riscatto sociale e personale scaturite dalla segregazione. Ciò non vuol dire che rap o graffiti debbano essere a scopo necessariamente “politco”, ma che comunque debbano rientrare nei canoni di ciò che un movimento culturale rappresenta. E in linea di massima, si sa, l’hip hop non va d’accordo con il razzismo, l’oppressione, la negazione di diritti, la discriminazione. Il fatto che in America ci siano stati e ci siano rapper di “destra” non può essere paragonabile al nostro paese. Il motivo è più che evidente. L’Italia è stata segnata dal fascismo e purtroppo viviamo ancora in un contesto in cui la “destra” non rappresenta un pensiero conservatore ma di matrice fascista. L’America ha attraversato in maniera differente la storia. Lì avevano a che fare con la discriminazione razziale e spesso l’adozione di un atteggiamento che noi definiamo di “destra” significava semplicemente comportarsi come gli oppressori, avere un’attitudine gangsta, che non ha molto a che vedere con il fatto di essere di “destra o sinistra”. Quello che bisogna chiedersi è, ad esempio, come mai in America non capita che un rapper si trovi, più o meno consapevolmente, ad esibirsi per un comizio del Ku Klux Clan?

In Italia tutto questo è ben diverso. Molto più grave. Incoerente quanto la svastica attaccata al portachiavi di un rapper incontrato nell’ambito di un live, lo scorso inverno, che saluta con la mano tesa. Come le collaborazioni intraprese, più o meno consapevolmente, tra personaggi del genere e figure che sono nell’hip hop. Come la partecipazione al Tecniche Perfette o alle Jam di questi signori. Qual è il significato di rivendicare il proprio interesse verso l’hip hop mentre si sposa una linea di pensiero contrapposta a ciò che l’hip hop rappresenta? Non si tratta di partiti. E non si tratta di destra e sinistra. E’ una questione di attitudine. Se uno non tollera i soprusi, le ingiustizie, le discriminazioni e lo sfruttamento, cerca di non accostarcisi e semplicemente evita di avere a che fare con certe “cose”.
Da una persona che dichiara: “Ho cominciato a rappare perché mi sono interessato all’hip hop. Ho provato con la breakdance ma niente, con il writing neanche e con il rap invece mi veniva molto bene” non ci si aspetta che vada ad esibirsi per la Lega Nord, baluardo nostrano del razzismo e dell’intolleranza. E’ successo lo scorso 14 settembre a Bastioni di Verona, in occasione di una giornata per l’indipendenza del Veneto. Madman si è esibito sul palco di una festa organizzata da un’ aggregazione che ha escogitato, tanto per dirne una, la formazione di ronde per “ripulire” la città da stranieri e senzatetto. Ma anche che reclama l’indipendenza della Padania, che ha tirato banane contro l’attuale ministro dell’integrazione, Cécile Kyenge, perché di origine africana. Ho chiesto all’interessato se sapesse che la sua esibizione fosse inserita in un’iniziativa del genere, ma non ho avuto risposta.

Affermare di essere “apolitici” non è un alibi per immischiarsi in situazioni in cui razzismo, discriminazioni e prepotenza sono pratiche routinarie. Si può essere anarchici, apolitici, disinteressati rispetto a qualsiasi schieramento ideologico, ma quando ci si associa o si rimane del tutto impassibili davanti alla violenza gratuita, la prepotenza, il razzismo allora si è complici. Ma qui non s’intende spronare alla sommossa o alla retorica politica. Si intende giusto riflettere sulla capacità che ogni individuo ha almeno di dissociarsi da ciò che l’hip hop ha da sempre contestato.

Previous Story

DE LA SOUL Live @Teatro Parenti – Milano 21.09.13

Next Story

5 secrets of a healthy breakfast