PALESTINA: Alì, beatmaker e rapper, spiega come vive l’hip hop

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Alì Kabaha (Jenin), classe ’95, comincia a rappare a 16 anni, scrive le prime strofe a scuola e comincia ad avvicinarsi all’hip hop ascoltando Tupac.

 

Sono sul pullman che ci porta ogni mattina a lavorare. Sento fare beatboxing, mi giro e ci sono due giovani ragazzi. Sono naturalmente contenta della scoperta. Scendiamo dal pullman, mi avvicino, ci conosciamo.
“L’hip hop in Palestina non è ben visto dalla gente” mi racconta il giovane. “Alcuni dicono che siamo “finocchi”, oppure che è una perdita di tempo. Purtroppo ci sono degli stereotipi in riguardo al rap palestinese perché tutti pensano che i testi siano incentrati solo ed esclusivamente contro l’occupazione. Certamente trattiamo l’occupazione, ma il nostro rap parla anche di altro. Ci sono testi di critica anche contro l’amministrazione palestinese stessa e contro i paesi arabi in genere che, benché si dichiarino apertamente amici della Palestina, nel concreto cosa fanno per alleviare il male dell’occupazione? Si parla anche di amore, sai siamo anche capaci di scrivere sull’amore da queste parti! – dice accennando un sorriso -. Ho iniziato col rap, ora sono passato a fare il beatmaker, anche se ogni tanto mi metto a rappare. Dopo aver scritto decine e decine di strofe mio padre mi convinse a strappare tutto. Voleva che studiassi. Non che andassi male a scuola, ma era comunque un impegno per me. Ma sai, vorrei riprendere” inizia a rappare. Gli chiedo cosa vuol dire il testo e mi spiega che è un testo che aveva scritto in occasione della visita di Obama nei Territori Occupati. Obama disse di non essere assolutamente contro la Palestina, che aveva buoni rapporti con la Palestina. “Sappiamo tutti che l’America è il primo partner di Israele – continua Ali’ -, questo per dirti che è ovvio che qui molto rap sia politico, ma non è riferito solo ed esclusivamente ad Israele. A Jenin, città in cui sono nato,  la situazione è molto più difficile. Ci sono le colonie israeliane e poi ci sono le nostre case…siamo davvero discriminati lì.  L’hip hop in Palestina è un modo positivo per esprimere se stessi. Una maniera di canalizzare le energie in qualche cosa di positivo”. Un ragazzo seduto vicino ad Alì fa il beatbox. Gli chiedo come fa, ma parla solo arabo, quindi Alì interviene: “Ti spiego come si fa il beatboxing: per cominciare, devi iniziare allenandoti a ripetere molte volte queste parole: Buts, Cats, Kitchen, Cats” la cosa mi diverte ma è arrivata l’ora di andare. Quindi  li saluto, mi danno il cinque. “Riprendi anche a rappare Ali!” gli dico, “lo farò!” dice lui allontanandosi.

 

 

Ali Kabaha

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