Saga: l’intervista!

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a cura di Eleonora Pochi.

Eccolo di nuovo tornato, questa volta con un lavoro molto diverso dai precedenti. Spogliatosi della veste da  ‘pischello di periferia’ che dal suo esordio gli era stata attribuita, Saga ha dato un “bacio ai pupi” ed é andato oltre. “Sono sempre io, ma il mio “io” si è evoluto, come accade per natura in ogni cosa” dice Saga in merito alla sua evoluzione. “Docet” è un disco introspettivo, nel quale il rapper s’esprime al 100%, curando lui stesso rime e suono. Non a caso, il prilmo videoclip estratto è del brano omonimo all’album, prodotto da Bad Boys. Check it out!

Ciao Saga! So che è una domanda scontata e forse un po’ noiosa, ma ricordaci un po’ com’è scoccata la scintilla per il rap.

Beh…la storia si perde nella notte dei tempi… Avevo circa undici anni -siamo nel 96- e guardavo spesso Mtv. Ricordo che passarono un video di Nas ” The Message ” e rimasi colpito, davvero estasiato dalla somiglianza dell’ambiente ghetto: palazzoni, parchi, ragazzini, insomma molto somigliante al posto in cui sono cresciuto io. Sempre nello stesso periodo in Italia c’era il boom degli Articolo 31 ed era praticamente impossibile non sentirli. Aggiungerei che ho sempre amato la poesia e le rime e già fin dalla tenera età scolastica amavo comporre rime per cui il passo successivo, scrivere il rap, non è stato difficile..

In “Un bacio ai pupi”(2006) c’era già l’intenzione di “salutare” un il passato in ragione di un nuovo cammino da intraprendere. Il tuo ultimo album, “Docet”, chiude definitivamente un capitolo della saga, che continua aprendone un altro estremamente interessante. Ci spieghi l’evolversi di questa metamorfosi?

“Un bacio ai pupi” sintetizza la fine di un percorso. In principio il progetto è nato per dar voce alla periferia e al disagio giovanile che si vive appunto in quartieri popolari come il mio. Era come se avessi vestito i panni d’un canterino pubblico, come nel Medioevo, quando il popolo non comprendeva la lingua dei sovrani e ai canterini toccava annunciare i fatti in una lingua più comprensibile e vicina alla classe meno abbiente. Questo feci. Nel 2006 , a Roma, non c’erano molti rapper che trattavano tali argomenti e direi che dopo il mio primo disco, Un bacio ai pupi, il fenomeno è cresciuto in maniera esponenziale… Ora, dovunque ti giri, vedi nascere rapper che seguono il filone del “vecchio” Saga. Quel capitolo della mia vita artistica è terminato: lascio fare agli altri, ora ho altre cose per la testa e soprattutto nello spirito. “Docet” nasce nel momento in cui la mia spiritualità s’è mescolata al mio vissuto, nell’alchimia della musica ho fuso la mia passione esoterica/occulta al misticismo dell’uomo, esprimendo il tutto nel rap.

In una puntata de “Le Invasioni Barbariche” ti é stato chiesto quali fossero le tue aspettative di vita e tu hai risposto “Il Rap”. E’ ancora cosi’ o meglio, é cambiato qualcosa da allora?

Non è cambiato nulla, anzi è cresciuta la voglia di esprimermi e di fare musica. Credo, però, che il termine ‘fare musica’ oggi sia molto frainteso, in quanto gran parte della musica rap è fatta al computer e veramente poche persone conoscono la musica, note e composizione. Io ho prodotto la maggior parte delle basi musicali dei miei dischi, suonando e a volte campionando, ma nonostante questo non posso ritenermi un ‘vero musicista, pur conoscendo la musica. Io parlo in rima sopra un ritmo, e credo che artisti del calibro di Mozart, Chopin, Shubert si rigirino nella tomba, quando pseudo-rapper si auto-proclamano creatori di ” Musica “. Non mi aspetto nulla, ma sono cosciente che la volontà trasforma i sogni in cose reali, proietto dal piano astrale al fisico. Quelli a cui Saga non piace, dovranno patire pene enormi, in quanto non sono intenzionato a lasciare, bensì, alimentato da una grande volontà… ritorno in gioco nuovamente alla fine di ogni disco e risorgo con un nuovo progetto!

Docet è un album che parla da solo. Nei testi traspare una presa di distanza dalla scena, dai gangsta-rapper, dai “figli di papà”, dal razzismo e dalla finzione. Detto questo, qual è il messaggio che Docet vuole trasmettere?

“Docet” come molti sanno, in latino significa “Insegna”, ma l’intento non è di insegnare, piuttosto sono le esperienze della vita che insegnano a chiunque a rialzarsi sempre ed andare avanti. Il messaggio latente che s’intuisce nel disco è “Fai ciò che devi, fai ciò che vuoi, fai ciò che reputi più giusto, fallo, o almeno provaci”. Ho preso le distanze dai gangsta-rapper, perchè in passato, dopo “Un bacio ai pupi”, sono stato accostato a questo ‘modello’ d’oltreoceano, ma io non sono né un gangster né un criminale, allora perchè mostrarsi per quello che non si è? Quindi sfato il mito di Saga gangsta-rapper o ” quello che parla de borgata ” apportando un netto cambiamento alla mia vita, artistica e personale. Prendo le distanze dal razzismo, perchè credo che ogni uomo sia libero, e che barriere, confini e bandiere siano frutto dell’uomo, e se ogni uomo è uguale ad un altro uomo, nessuno può decidere, nessuno a parte l’universo. Io sono cittadino universale.

Cosa vuoi dire a chi ti segue dal giorno zero ed era profondamente legato all’ ”altro” Saga?

Dico semplicemente che nella vita si cambia. Ora ho 25 anni, ho maturato e ho riflettuto sulla vita, sulla morte e su ciò che sono. Credo che chi era legato a me prima, ora lo sia più di prima, anche perchè noto un risveglio della coscienza collettiva in corso… Sono sempre io, ma il mio “io” si è evoluto, come accade per natura in ogni cosa.

Potresti essere definito l’ “Alchimista” data la tua sorprendente capacità di produrre beat e rime in perfetta simbiosi. Questa è la palese dimostrazione che la tua non è solo passione, ma anche precisione e professionalità. Proprio per questo, volevo chiederti, secondo te per fare rap basta canalizzare uno sfogo in rima oppure serve anche qualcos’altro?

Fare rap, vero rap, non è facile. Non basta rimare a tempo su una base. Bisogna essere coscienti di cosa si vuole creare, avere una traiettoria da seguire e metterci il cuore. Io agisco sempre in maniera molto professionale dal punto di vista di ciò che ruota intorno alla costruzione di un beat, della promozione d’un album o della capacità ‘live’ di un artista. Quando scrivo è come fossi guidato da una mano invisibile, già lo ascolto finito, ma questo è il mio caso. Poi ognuno crea come viene ispirato! Si, il termine ” Alchimista ” mi si addice, riscontro l’alchimia in ogni cosa , nella vita, nella musica, nell’amore e nel sesso.

Molto bello il testo de “Le ali della libertà” in cui racconti la storia di una ragazza venuta dalla Romania con un bagaglio di speranze, ma arrivata in Italia s’è trovata a fare i conti con una delle più amare delle realtà. Sai bene che, purtroppo,in genere non si dà tanta importanza, o almeno quanta meriterebbe, al messaggio sociale che il rap e tutto l’hip hop vogliono trasmettere. In più di un tuo testo ho ritrovato proprio questo. Non che nei tuoi precedenti lavori non trasparisse, ma Docet trasmette un’altra chiave di lettura, più cosciente e chiara. Come se avessi guardato in te e trovato il vero te stesso. E’ cosi?

Nel mio rap non faccio né proselitismo né demagogia, invito solamente le persone a riflettere, come ho riflettuto io. Solo conoscendo il male, puoi capire come agire nel bene. Ho fatto questo, e spero che le persone capiscano fino in fondo il mio messaggio.

Pensi che anche altri rapper metropolitani possano trovarsi nella condizione di doversi   confrontare con una metamorfosi, simile alla tua, del tutto naturale?

A giudicare dai pezzi rap che girano, dai video e dalle serate, penso di no. C’è ancora troppo legame con gli stereotipi del rap d’oltreoceano. Io non condivido, ma questo è solo il mio punto di vista.

Dunque, stando a cio’ che dici nel tuo disco, siamo arrivati all’ “Anno Domini” e ne individui anche le cause, vuoi parlarcene?

Come dico sempre  “Siamo alle soglie di Armageddon, il giudizio finale” non tanto in senso biblico, quanto per come stanno andando le cose. L’economia, le malattie, l’incoscienza dei giovani, la droga, la violenza… Se questo non è un chiaro messaggio di un’apocalisse imminente, manca poco. Sono molto rattristato da ciò che vedo e sento in giro, le persone si lasciano sviare dalla vera essenza, perse nel materialismo.

Bene, le domande sono terminate, almeno per il momento!Ti ringrazio a nome di tutto lo staff Moodmag. per la sincera gentilezza con la quale ho avuto il piacere di riscontrarmi. Spazio libero per te Saga, per dire cio’che vuoi a chi vuoi….

Carpite la vera essenza del vostro essere, scavate dentro. Non abbiate paura, lasciate che le porte della conoscenza si aprano a voi, apprendisti impauriti dall’oblio. Siamo solo di passaggio, ma il nostro passaggio puo’ segnare il corso degli eventi e della storia. Che l’amore e la serenità vi avvolga… Fai ciò che devi.

Questo è il mio mantra, lo dedico a tutti voi!

Di seguito, il video di “Docet”, primo estratto dal nuovo disco.

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