Ciacca, l’intervista!

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CIACCA
a cura di Giovanni “Zethone” Zaccaria

In piena fase di promozione del suo disco “India ad Ovest” oggi facciamo quattro chiacchiere con Ciacca, rapper veneto di grande esperienza. Conosciamo un po’ del suo mondo, un po’ del suo pensiero.

++ Il tuo modo di fare rap, molto calmo e pacato, risulta quasi in controtendenza rispetto alla maggioranza dei rapper che venerano il culto del “spacchiamo il culo a chiunque”. Chi è più ostinato, tu nel proseguire il tuo cammino o il resto della nell’ostentare questo tipo di atteggiamento?

Io sono semplicemente me stesso, non mi sento ostinato, poiché per me è naturale trasparire in questo modo… Non mi interessa entrare nella testa dei miei “colleghi”, si sa che nel rap c’è sempre stata una componente autocelebrativa, ma io l’ho messa da parte da qualche anno.

++ Nonostante in molti, anche al di fuori della cosiddetta scena, considerino il rap un genere un po’ “adolescenziale” noi siamo circondati da 30enni che non mollano l’osso e tirano avanti tutto il carrozzone. Vista la tua età ti ci senti parte? E ancora, qual è il motivo di tale posizione, nonostante le critiche, il calo (l’assenza) delle vendite, il minor afflusso alle jam ecc?

Certo che mi ci sento parte. Per quanto riguarda la scena del Veneto, posso dirti che il sottoscritto, assieme ad altri amici, ha tirato parecchio la carretta in questi anni, partecipando attivamente a molte jam e sfide, o semplicemente presenziando, anche quando ci ritrovavamo in quattro gatti. Alla fine dei conti, in tutto questo è stata fondamentale l’amicizia tra di noi: credo che l’hiphop prima di tutto sia stare assieme. Probabilmente è proprio questo che fa sopravvivere la nostra cultura al calo delle vendite, di interesse, eccetera.

++ Essere professionali: cosa vuol dire per te? Chi ti ha conosciuto sa che sei una persona estremamente precisa. Oggi presentarsi in maniera professionale (dalla promozione del proprio prodotto, al modo di interfacciarsi con le realtà attive quali labels, organizzatori di eventi ecc.) sembra quasi una maniera alternativa per darsi delle arie. D’altro canto essere troppo superficiali è altrettanto visto male. Riesci ancora a capirci qualcosa?

E’ difficile stabilire quale sia il livello di professionalità da adottare. E’ da chiedersi se il gioco valga la candela: ha senso investire e lavorare seriamente per un prodotto che poi finirà inevitabilmente nelle grinfie del download pirata? Viceversa: ammettendo come presupposto che i dischi vendono poco, è giusto abbassarsi a produrre materiale di qualità scadente? A mio modo di vedere, è questione prima di tutto di obiettivi: se il tuo scopo è quello di guadagnarci dei soldi, trovati un’altra passione, ma se invece il tuo scopo è la tua passione, procurati dei soldi…

++ Parliamo di te. Quali sono i tuoi hobbies? Quali sono le cose che nella vita comune influenzano i tuoi testi?

Devo dire che negli ultimi 10 anni il mio tempo libero si è spartito tra lo studio e la musica, impegni un po’ troppo seri per essere definiti “hobby”… Ultimamente viaggio parecchio e questo condiziona positivamente la mia ispirazione. La mia musica è influenzata principalmente dai posti in cui vado e i posti da cui parto, le persone che incontro e quelle che lascio, i problemi che affronto e le loro soluzioni.

++ Autostima e autocritica: prova a dirmi qual è il pregio indiscutibile del tuo disco “India ad Ovest” e, in controbattuta, il suo principale difetto.

Il pregio e il difetto del disco consistono nella sua sincerità. Molti rappers nei loro pezzi sbandierano di essere “veri”, io non lo dico mai, ma i miei testi parlano da soli. L’altro lato della medaglia è che proprio questo essere sincero mi porta a raccontare vicende ben lontane da quelle che vanno di moda attualmente nel rap italiano…

++ Hai un’eta e un’esperienza che ti ha permesso di vivere molte fasi della scena hip hop italiana. Dai primi movimenti del ’93 alla golden age del ’98. La grande crisi dei primi anni del nuovo millennio, la ripresa e ora di nuovo la lenta graduale caduta. Lasciaci un ricordo personale di Ciacca di ognuno di questi periodi.

Per quanto riguarda gli anni ’90, ho splendidi ricordi del Parco Bissuola a Mestre, le Banche a Padova, il Mosaico a Treviso, punti d’incontro dei b-boys nelle rispettive città. C’era molto entusiasmo, l’hiphop era qualcosa di diverso rispetto a com’è ora, era più sano. Credo che in qualche modo oggi abbia preso il sopravvento un aspetto che all’epoca era latente. Del ’98 ricordo grosse jam, le session di registrazione per “Acciaio”, tutto era più organizzato rispetto a quando avevo cominciato, la fotta iniziale aveva preso una direzione. Agli inizi del 2000 la scena italiana entrò in crisi e la cosa mi buttò parecchio giù. Dalle jam – praticamente scomparse – eravamo passati ai club, mi vengono in mente moltissime serate al Palladium, tutto sommato ce la passavamo bene. Poi le cose hanno ricominciato a girare e tra il 2003 e il 2006 ho partecipato a un sacco di freestyle battle, occasioni in cui confrontarsi con nuovi mc’s che nel frattempo erano comparsi. Già, oggi dicono che ci sia un nuovo declino, ma credo sia presto per affermarlo, stiamo a vedere, io cerco di essere ottimista…

++ Non possiamo non parlare di te senza citare i Centro 13, anche per il diverso percorso artistico che tu, Shocca e Mista avete intrapreso dopo lo scioglimento. Vuoi parlarci un po’ del tuo vecchio gruppo?

Credo che come C13 abbiamo realizzato dell’ottimo materiale, molti mi dicono che “Acciaio” sia una pietra miliare della scena. Ricordo quegli anni come un periodo magico, e paradossalmente lo sono stati fino all’uscita del disco. Erano altri tempi, la voglia di fare musica ci ha tenuti assieme finché siamo giunti ad un’età in cui le differenze caratteriali hanno prevalso sulla fotta, com’è normale che sia quando hai passato i vent’anni. C’è comunque un rapporto di amicizia e stima tra di noi, tant’è che Shocca ha prodotto due tracce di “India ad ovest”… Non escludo comunque che un giorno si possa di nuovo fare qualcosa assieme.

++ Ora che vorresti provare? Dopo aver fatto un disco molto intimo e personale come India ad Ovest quale percorso ti senti di intraprendere?

La mia intenzione è di fare un altro album, ma tutto dipenderà dall’ispirazione, dagli eventi che vivrò nei prossimi due anni e da come influenzeranno la mia scrittura. Non è necessario per forza fare un disco: lo devi realizzare solo se hai qualcosa da dire, io non sopporto gli mc’s che si ripetono. Poi mi piacerebbe passare a lavorare dietro le quinte, ci sono mille rapper e troppe poche persone che organizzano, coordinano, eccetera, dunque in futuro credo che mi occuperò di questo.

++ Ti ringraziamo per essere stato con noi e in bocca al lupo per la tua musica!

Grazie a voi per l’ospitalità, crepi il lupo!
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