5 domande a… Dank (Placenta Zero)

tempo di lettura: 4 minuti

Fresco di successo, oggi ospitiamo nella nostra nuova
rubrica, il neo campione della 3° edizione del King Of The
Ring (che ricordiamo essere la gara di freestyle più
importante del nord-est), Fabio Carima aka DANK, dei
Placenta Zero.
Ciao Dank, allora dicci un po’: come sta cambiando il
mondo delle battle di freestyle negli ultimi tempi? Cosa si
sta particolarmente evolvendo?

Ciao a tutti. Il mio modo di approcciarmi alle battle è sempre stato tendenzialmente controcorrente, dato che non amo le sfide basate quasi unicamente sullo sfoggio delle proprie punchlines. Non si contano infatti le volte in cui, pur avendo chiaro che il pubblico prediligeva le rime da battaglia, ho incentrato la mia esibizione sulla tecnica e sulla pura improvvisazione, accantonando parzialmente o totalmente il dissing al mio avversario. Inizialmente il pubblico sembrava non essere sintonizzato su questa lunghezza d’onda, ma negli ultimi 2 anni ho notato che chi assiste alle battle ha evoluto il proprio senso critico, e ora i criteri su cui un mc viene valutato sono più ampi e più indicativi del suo livello. Inoltre l’mc può esprimersi liberamente, in quanto non viene obbligato a standardizzare la sua performance, ma può esibirsi attraverso il suo stile e i suoi personali punti di forza.

Attualmente sei fuori con il disco del tuo team, i Placenta
Zero e abbiamo spesso occasione di sentirvi live nella
vostra zona. Quando conta far valere il proprio nome come
freestyler per poter ottenere visibilità o riscontri?
Pensi che sia il metodo più veloce per far conoscere il
proprio nome e talento?

Sicuramente partecipare alle battle e agli open mic è un buon modo per riuscire a farsi conoscere e far sì che le proprie capacità vengano apprezzate. Per quanto mi riguarda non mi sono mai chiesto se sia il modo migliore o quello più veloce per ottenere riscontri, l’amore che nutro per il freestyle non mi consente di ridurlo a semplice mezzo per ottenere un fine. Io credo che chi fa la propria cosa con passione, consapevolezza e genuinità, otterrà risultati positivi indipendentemente da quanto si impegni a fare calcoli per raggiungerli.

La tua capacità di intrattenere pubblico (e anche
avversari i quali a volte restano a bocca aperta) con la
nobile arte del freestyle è davvero fuori dal comune.
Talento innato, ma anche tanto allenamento immaginiamo. Ci
racconti qualcosa a riguardo?

Nella mia vita di mc il freestyle ha sempre avuto un posto di rilievo, dagli innumerevoli pomeriggi passati ad improvvisare con gli amici quando ero ragazzino, fino ai palchi in cui ho avuto occasione di esibirmi negli anni successivi. Una stranezza che amo raccontare (e che considero un po’ il simbolo del legame che mi unisce alla disciplina del freestyle) è il fatto che quando giocavo a Fifa ’96 con il mio vecchio Sega Mega Drive, ero solito mettere un beat e, rappando, cimentarmi nella telecronaca delle partite che giocavo. Inoltre, mi piaceva tentare di improvvisare su qualunque argomento, dai bulloni ai mandarini, e credo che questo mi abbia aiutato molto, consentendomi di mettermi alla prova in un tipo di freestyle in cui non vi sono alternative alla vera e totale improvvisazione.

Dissing, battles, scontri.abbiamo notato che tra i rapper
c’è voglia di qualcosa di nuovo nel freestyle? Sulla
scia di eventi come il King Of The Ring, c’è sempre
più la tendenza ad organizzare gare ad argomento. Cosa
credi che manchi ancora nella mentalità dei nostri italici
rappers per poter affrontare a cuor sereno questo tipo di
sfide? E le punchlines? Nel tuo disco pur utilizzandole le
condanni o sbaglio?

Il proliferare delle battles ad argomento è un chiaro messaggio del fatto che la scena del rap non vuole fossilizzarsi sugli standard, ma bensì spingersi un passo più avanti rispetto al livello raggiunto. Quello che credo ancora manchi è l’attitudine generale a questo tipo di performance, del resto gli ultimi anni hanno rappresentato il boom del freestyle puramente da battaglia e gli mc’s italiani, specie quelli che si sono formati in quel periodo, risentono ancora di questo tipo di influenze. Per quanto riguarda il mio utilizzo delle punchline o la mia condanna di esse, sono contrario al loro uso solo quando non hanno un riferimento o un bersaglio definito. Mi spiego, nel pezzo Finti Cent (il cui titolo credo ne chiarisca l’argomento) utilizzo rime che possiamo definire da battaglia, ma l’argomento del pezzo, il messaggio, e l’obiettivo, ne giustificano la presenza e ne inquadrano precisamente il senso. Tornando alle battle, non amo le punchlines generiche, quelle che possono essere utilizzate per più di un occasione e per più di un avversario. Poichè la sfida sia vera credo che le punchlines debbano avere basi e riferimenti riconducibili all’mc che si sta sfidando in quel momento, contro il quale non vi sono rime che calzino meglio di quelle che lo colpiscono nelle sue reali e verificate lacune.

Ora che il tuo nome si è decisamente affermato, dopo
alcune finali di Tecniche Perfette, la vittoria al KOTR e le
altre numerose battles che ti sei aggiudicato, che progetti
hai? Cosa ci dobbiamo aspettare da Mr. D’Ankesi?

Aspettatevi di ritrovarmi ancora. Il mio amore per l’Hip Hop è sempre grande e la voglia di fare è ancora più forte di quando ho cominciato 11 anni fa. Il Progetto Placenta Zero va avanti e la prossima uscita sarà l’album che il nostro dj T-Robb sta ultimando insieme a Bein Mass (la cui parte vocale è principalmente curata da me, ovviamente supportato dagli altri fratelli di Placenta Zero). Inoltre siamo in giro a promuovere il disco ‘Progetto Placenta Zero’, dando vita a una serie di showcase arricchiti dalla presenza del mega beatboxer Dhap e spesso in connessione con La Kattiveria, formazione reggiana di eccelso livello. Che dire, credo che il mondo del rap possa contare su di noi per il futuro. D’altronde se dopo tanti anni non abbiamo cambiato strada, probabilmente significa che la strada è quella giusta. Ciao a tutti. Dank

(zethone@moodmagazine.org)

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